lunedì 25 novembre 2013

LA PIGNOCCATA


In tante regioni italiane del centro-sud, la pignoccata è per tradizione il dolce del Carnevale. Assume nomi differenti ed ha tante varianti. Anche in Sicilia, a seconda delle province, vi sono differenti tipi di preparazione. Quella più semplice ricorda gli struffoli napoletani, tocchetti di pasta fritta ricoperti di miele e confettini colorati; a Messina, invece, si caratterizza per essere ricoperta da una glassa bianca e una nera e per il fatto che i tocchetti vengano cotti in forno.
Il suo nome deriva dal fatto di essere realizzato a forma di pigna e, tradizionalmente, servito adagiato su foglie di limone.
Nella mia famiglia, e da qualche anno anche in quella di qualche amico che ho corrotto, la pignoccata è il dolce natalizio per eccellenza e non può mancare sulle tavole delle feste. Anche se ”stanche morte”, le ”femmine” della nostra famiglia (compresa me) "almeno un poco la devono fare".
La nostra ricetta si distingue decisamente dalle altre varianti ed ha in sé tutti gli odori e i sapori del Natale. C’è stata tramandata dalla Nonna Etta, madre di mio zio Michele e fino a poco tempo fa si annoverava tra quelli che si possono definire “segreti di famiglia”. La sua peculiarità consiste nel metodo di assemblaggio; le palline di pasta fritte vengono infatti "legate" o "incocciate" - come meglio gradite - con un caramello al miele morbido e profumato con (variante personale) vaniglia, cannella e scorza d’arancia(facoltativa) insieme a mandorle e nocciole.
Qualcuno è arrivato a dire che la mia pignoccata "crea dipendenza". Ed ecco come si prepara lo "stupefacente" dolce.

sabato 23 novembre 2013

NOODLES CON ZUCCHINETTE GENOVESI E PISELLINI

È una ricetta semplice, gustosa, leggera e adatta a tutti i palati perché abbatte le “barriere gastronomiche”, vista l’assenza di prodotti di origine animale e l’essere totalmente gluten free.
monica cecere
Ecco come realizzare i Noodles

mercoledì 20 novembre 2013

martedì 19 novembre 2013

"BORN IN SICILY". NASCE IL DDL REGIONALE PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE DEI PRODOTTI LOCALI

Come diceva già più di trent’anni fa il Prof. Urbani, illustre urbanista palermitano, la globalizzazione si sarebbe dimostrata uno strumento vincente solo per quei paesi/regioni che avessero capito sin da subito l’importanza delle proprie peculiarità territoriali dandogli giusto risalto e valore. Il suo concetto del “E’ sulu cà e ci l’haiu sulu jo” (“E’ solo qua e ce l’ho solo io”, traduzione per i non siculi) viene oggi concretizzato in una norma con il DDL “Born in Sicily”.

Le food blogger palermitane con Natale Giunta e Dario Cartabellotta

lunedì 11 novembre 2013

DOLCE NORMA

“Dolce Norma” è un dessert di mia invenzione e può essere definito come la trasposizione dolce del rinomato primo piatto siciliano.
Rappresenta bene la nostra isola perché vi sono utilizzate tutte materie prime che vengono prodotte nel nostro territorio. Ha peraltro un chiaro richiamo alla cultura siciliana, in particolare al mondo letterario e musicale, dal momento che il nome alla famosa ricetta sembra sia stato dato da Nino Martoglio, celebre commediografo catanese, il quale, davanti ad un piatto di pasta condito con pomodoro, melanzane fritte e ricotta salata, pare abbia esclamato: “È una Norma!”, ad indicarne la suprema bontà paragonandolo alla celebre opera di Vincenzo Bellini.
L’ho proposto per la prima volta alla serata culinaria organizzata a metà ottobre presso il Settimo Cielo di Menfi, durante la quale ha avuto un ottimo successo tra i presenti.
Dolce Norma
Il dolce è composto da strati alternati di: scorze di cannolo rotte, crema di ricotta poco zuccherata, composta di melanzane (confettura realizzata con melanzane viola – tunisine a Palermo – e aromatizzata con cannella, zenzero e cardamomo), di nuovo scorze e ricotta e, come ultimo strato, marmellata di pomodoro e pepe nero. L a preparazione viene infine decorata e profumata con una foglia di basilico.


P.S.: Devo pubblicamente ringraziare il mio caro amico e chef Antonio Genchi per il suo contributo fondamentale nell’ideazione di questa ricetta.

"L'attesa" di Monica Cecere


Preparava tutto con cura facendo attenzione ai dettagli. Lo stava aspettando; e più si avvicinava il momento di rivederlo e più saliva l’ansia ed aumentava l’eccitazione. Mancavano poche ore e finalmente si sarebbero rivisti dopo mesi.
Si era alzata presto quel giorno e cominciato a cucinare per la cena. La cucina ha bisogno di tempo, come l’amore.

venerdì 8 novembre 2013

GELO DI "MELLONE" BIANCO

Prima di iniziare il racconto e proporvi la ricetta desidero fare un breve inciso linguistico per tutti coloro che avranno rabbrividito leggendo “mellone”. La doppia consonante nella parola melone non è un errore di ortografia. In Sicilia si dice così per consuetudine e in realtà, fermandosi a riflettere sulla dizione, il suono del lemma diventa pieno, la lingua nella pronuncia della doppia elle di fatto si arrota sul palato solleticandolo e prefigurando il sapore dolce del frutto che regna sulle tavole siciliane da fine agosto sino a gennaio.

Ma bandendo alle ciance lessicali… Un caro amico, parlando qualche settimana fa, mi disse: ma perché non ti inventi qualche ricetta col mellone bianco che è il frutto di stagione? Gli risposi che già qualcosa avevo in mente e avrei voluto sperimentarla quanto prima.
L’occasione si presentò di lì a poco quando mi chiesero di organizzare una serata culinaria al Settimo Cielo di Menfi, locale molto bello nel corso principale del piccolo centro agrigentino. Menfi è famosa per la sua significativa produzione viti-vinicola e per il suo territorio poco contaminato dal cemento, con le dolci colline ricoperte da vigne e ulivi che declinano al mare, tanto incantevole da essersi meritato negli ultimi anni la denominazione Menfishire.
Dopo averci pensato per qualche giorno ed essermi confrontata sia con il mio “suggeritore” sia con altri cari amici buongustai, ho elaborato un menù realizzato con prodotti stagionali e allo stesso tempo ricercato che, con un pizzico di orgoglio, vi posso dire ha riscosso grande successo tra gli astanti i fruitori di quella splendida serata di metà ottobre.
Uno degli hors d’oeuvre ha visto come protagonista proprio il melone bianco. Ho infatti realizzato una rivisitazione del classico “melone e prosciutto” proponendo il frutto nella versione “gelo”. Io l’ho servita come antipasto ma, naturalmente, eliminando il salume può essere mangiato a fine pasto, o in qualsiasi altro momento della giornata che vi ispiri, come dolce.

giovedì 7 novembre 2013

Per me cucinare non è un'azione fine a sè stessa, ma un atto d'amore e condivisione di piacere attraverso sinestesie e godimento dei sensi

For me to cook is not an action end to itself, but an a gesture of love and sharing of pleasure through synesthesia and enjoyment of the senses

martedì 29 ottobre 2013

PORCO ASCETICO (MAIALE AL TE' VERDE E ZENZERO)

Non avevo molti dubbi sulla possibilità di successo di questa pietanza viste le sue caratteristiche intrinseche e le sue celate potenzialità. Le materie prime con cui è cucinato peraltro deliziano il palato e attivano sinestesie sensoriali.

È un piatto gustoso, alternativo e semplice da realizzare. È anche un piatto afrodisiaco, visti gli ingredienti con cui si prepara: l’esotico tè verde, con le sue proprietà defaticanti, vasodilatatorie e stimolanti; lo speziato zenzero, considerato l’afrodisiaco vegetale per eccellenza grazie al gingerolo, che ha un’azione riscaldante, e allo zingiberene, un olio essenziale che stimola una maggiore circolazione di sangue verso gli organi sessuali; il miele, che con la sua dolcezza e la sua consistenza fluida evoca scene di seduzione, ma è anche una grande fonte di boro, un oligoelemento che aiuta ad aumentare i livelli di estrogeni e di testosterone nel sangue; e infine lui, il protagonista principale, il maiale, accezione con cui si indica non solo uno degli animali da cortile più allevati per la sua carne gustosa ma che riporta anche all'immagine - positiva, in questo caso - di uomini e donne lascive e dissolute  e con grandi potenzialità erotiche.
Ecco dunque la ricetta che ho servito sabato 26 ottobre al Settimo Cielo di Menfi.

sabato 12 ottobre 2013

AGRODOLCE MARINO NEL BICCHIERE

"E' tempu ri capuna", mi disse un vecchio pescatore un giorno di qualche anno fa mentre passeggiavo, avvolta in un soprabito nero e nei miei pensieri, sulla banchina del porto di Terrasini. Non lo avevo neanche notato, piccolo e rugoso, come accartocciato su sè stesso stava seduto su una bitta a riparare una rete. "E' tempu ri capuna", mi ripetè, e io allora fermai me stessa e i miei pensieri e mi rivolsi a lui: "Birinica vossia. Ma chi mi voli riri cu sta parola?". "Ca u tempu sta canciannu, figghia mia. Talìa 'u cielu, 'u viri ca sta cuminciannu a farisi scuru, 'u celeste addiventa blu e li negghie si fannu fitti fitti. Pensaci figghia, si pò canciari u cielu, ca è dà ri quannu c'è lu munnu, picchì un putemu canciari nuatri?". "Raciuni avi vossia, raciuni". Ci guardammo negli occhi in silenzio, i suoi erano profondi e grandi ricamati tutt'intorno da rughe sincere. Mi accommiatai con un cenno del capo e lui rispose abbassando la coppola grigia con la tozza mano abbronzata. Ritornai sui miei passi e ai miei pensieri, ma con un senso di leggerezza che prima non avevo. Quella frase improvvisa mi aveva ridato il buon umore. " E' tempu ri capuna", cominciai a ripetermi, come un mantra, come una preghiera.
Agrodolce marino nel bicchiere

venerdì 11 ottobre 2013

MINI-CAKE LIMONE E ZENZERO

Mini - cake al limone e zenzero
Vista la pressante richiesta da parte di alcune gentili signore che seguono la mia pagina facebook, di seguito la ricetta di queste agrumate e speziate tortine. E' una preparazione molto semplice e di facile realizzazione, l'unica particolarità sta nello stampo da utilizzare. Io ho usato uno stampo in silicone per minicake, ma è possibile usarne anche di materiale differente basta avere l'accortezza di usarlo secondo regola.

mercoledì 18 settembre 2013

Gelu ri muluni (Gelatina di anguria)

Morbido, poco calorico e rinfrescante il gelo di anguria ha una provenienza cultural-gastronomica discussa. C’è infatti chi sostiene che faccia parte dell’eredità lasciataci dagli “Arbaresh”,  una popolazione albanese che si stanziò intorno al XV secolo nei pressi di Palermo fondando alcune comunità tra cui la più nota è Piana degli Albanesi.
C’è invece chi ritiene, ed io sono tra questi, che provenga dalla gastronomia degli Arabi che lo inventarono insieme a quello di mosto, cannella, mandorle e gelsomino (o scursunera). Gli ingredienti utilizzati, peraltro, ci danno degli indizi che riportano proprio alla loro tradizione culinaria: l’uso dei fiori di gelsomino, la cannella, lo zucchero. Certo è, che c’è anche l’influenza spagnola, visto che a guarnizione si aggiunge il cioccolato fondente.
È un dessert facile da realizzare che può essere offerto durante un caldo pomeriggio d’estate per trovare un momento di fresco e dolce piacere oppure come piacevole e leggero fine pasto. In ogni caso, tutto dovrà avvenire molto lentamente.
Il gelo di mellone (come viene chiamato il grosso e succoso frutto in Sicilia) deve essere assaporato con calma in modo che la lingua possa riuscire a cogliere tutti i suoi aromi e odori dalle note esotiche: lo speziato della cannella, il profumo del gelsomino, l’amaro retrogusto del cioccolato fondente.

martedì 16 luglio 2013

ROSSI, VERDI O GIALLI IO VE LI PROPONGO COSI': PEPERONI PASTICCIATI

Questa ricetta, semplice da realizzare, gustosissima e di sicuro successo, è la rielaborazione veloce della mia mamma degli involtini di peperoni. Vi posso assicurare che il risultato è perfino superiore a quello degli involtini, perché i sapori si mischiano ed amalgamano in questo superlativo piatto, che si può proporre sia come antipasto in una cena fredda sia come piatto di mezzo in un’elegante colazione mediterranea.

venerdì 12 luglio 2013

“CIAURI” DI SICILIA - RAGOUT DI TRIGLIE CON FINOCCHIETTO SELVATICO E ZESTE DI LIMONE

In questa ricetta è, a mio avviso, racchiusa la Sicilia, terra grande, fertile e piena di sole che dà sapore ed addolcisce ogni cosa. La sua storia gastronomica racconta una cucina di tradizione, sia agricola sia marinara, che le ingerenze dei popoli succedutisi sull’isola hanno contribuito ad arricchire di nuovi gusti e nuovi metodi di produzione e preparazione.
Gli ingredienti e il procedimento sono molto simili a quella della "pasta chi sardi"[1], presentano alimenti introdotti nei secoli dalle varie dominazioni: il pesce; la pasta, gli agrumi, la "passolina" e i pinoli (periodo arabo); la frittura (importata e diffusa nell'isola nel periodo angioino); il pomodoro e il pepe (periodo spagnolo); e in ultimo, ma non ultima, l'arte della presentazione lasciataci in eredità dai Monsù, i cuochi francesi arrivati al seguito dei Borboni e subito adottati dalla nobiltà siciliana. Ho personalizzato questo piatto con l’aggiunta del cardamomo, una spezia profumatissima e antica introdotta in Sicilia dai Greci ma il cui uso nella cucina siciliana è andato purtroppo perduto nel tempo.
E' un primo piatto che può essere considerato per la sua ricchezza anche un pasto completo, ma difficilmente sarà ritenuto tale in un classico pranzo siciliano, opulento ed esagerato come pochi conviti riescono ad essere.

martedì 9 luglio 2013

"Silenzio" di Monica Cecere

Eccomi solo. Solitudine agognata, cercata, trovata, amata, odiata. Lei è partita portandosi dietro la sua allegra risata, il leggero fruscio dei suoi passi, dei suoi piccoli piedi rinchiusi in quelle ballerine nere di peluche, da lei adorate da me detestate. Fuori comincia a fare buio, vedo il crepuscolo dalla finestra, accendo la luce. La spengo all'istante. È troppo evidente lo spazio vuoto lasciato da lei. È troppo “vuoto”.

"Storia di una saga familiare: a pasta ca cucuzza fritta" di Zino Citelli

Può una ricetta, che spesso è frutto della tradizione, diventare di pura fantasia ed essere modificata o rielaborata per evitare liti? Si, questo è successo a me e lo racconto.
In estate, uno dei piatti preferiti dai palermitani è la pasta con la zucchina fritta una vera delizia per il palato, una ricetta semplice e veloce che per la preparazione, richiede questi ingredienti: una zucchina napoletana, basilico, olio d’oliva, sale, pepe e parmigiano ed ovviamente la pasta.

venerdì 5 luglio 2013

"Il ragù di carne" di Vanessa Siebezzi

Era troppo tempo che non lo faceva più. Eppure doveva essere come andare in bicicletta, nuotare o fare l'amore: una volta che hai imparato non ti dimentichi più. O forse era solo il pensiero che per la prima volta l'avrebbe fatto per un'altra persona, e non per se stessa, a preoccuparla.
Fare il ragù di carne per lei aveva l'importanza di una cerimonia. Le verdure andavano tritate con la mezzaluna, ad una ad una, cominciando dal gusto più delicato; prima la carota, poi il sedano e poi la cipolla perché gli aromi non dovevano mescolarsi sul tagliere ma dopo, nel soffritto, rigorosamente in olio extra vergine di oliva. E solo quando il soffritto era morbido e dorato al punto giusto si metteva a rosolare la carne. E anche la carne era meglio batterla al coltello personalmente.

PASTA CON L'ARAGOSTA IN BRODO ALLA MODA DI MARETTIMO

La prima volta che me ne hanno parlato mi trovavo a Marsala per lavoro. Si avvicinava l'ora di pranzo e la discussione passò, con un volo pindarico non indifferente ma giustificato dall'avvicinarsi della sosta prandiale, dalla progettazione territoriale al cibo e alle proprie preferenze.  Ad un certo punto un architetto, con il quale ho anche un rapporto d'amicizia, disse: "Mmmmm, mi manciassi 'na bella pasta con l'aragosta in brodo". Restai a guardarlo un po' basita, non credevo ci fosse nel nostro vasto e vario panorama gastronomico anche un posto per questo nobile crostaceo. E invece si! E' tradizione nel trapanese cucinarla, soprattutto in brodo. Cominciò, allora, il toto-ristoranti, quale fosse quello che la prepara meglio. Quando venne decretato il "vincitore", seguì la telefonata per prenotare un tavolo per 4 persone. La voce del mio amico architetto, però, si fece subito triste e, chiudendo la conversazione disse: "La fanno solo per cena e nel fine settimana". Vide il mio sconforto sul viso (la mia curiosità non poteva essere soddisfatta - e neanche il mio palato) e continuò: "Non fa niente. Richiamo e prenoto per venerdì sera. Ti tocca ritornare, Monica". "Che sacrifici si devono fare nella vita" - replicai sorridendo. E così ci recammo a cena il venerdì seguente presso La Corte dei Mangioni, dove potei non solo verificare la bontà del fastoso piatto ma carpirne anche la ricetta che vi ripropongo di seguito con qualche mia piccola variazione. L'ho provata qualche settimana dopo averla gustata quando il mio amico Mimmo mi telefonò dicendomi: "Mi hanno appena regalato delle aragoste pescate stanotte. Come me le prepari?". Nessun dubbio attraversò la mia mente.
Il procedimento è semplice anche se un po' lungo a causa solo della cottura.
Piccola precisazione: si ottengono ottimi risultati anche con l'astice

mercoledì 3 luglio 2013

"Un tuffo bollente" di Monica Cecere

Non riusciva a capire cosa ci fosse oltre quella parete lucida e grigia che vedeva davanti a sé, ma presagiva niente di buono. L’avevano legata ad un pezzo di legno rigido, troppo duro anche per lei abituata com'era fin da piccola a stare sulle pietre. Non riusciva a muoversi, poteva solo girare gli occhi, ma la sua visuale era troppo ristretta, la posizione in cui l’avevano costretta non le consentiva di guardare oltre il bianco pavimento freddo. Freddo, ecco cosa provava. E angoscia, tanta.

martedì 2 luglio 2013

"RACCONTI IN PENTOLA" - NUOVA SEZIONE LETTERARIA (O QUASI)

Tra le mie tante passioni c'è anche quella della scrittura. Mi è dunque saltata in mente l'idea di condividere con voi uno spazio dove potere pubblicare dei racconti tematici con al centro la cucina, il cibo e tutto quello che vi gira intorno...chissà, potremmo anche arrivare a pubblicare una bella antologia di racconti di autori vari.
In ogni caso, può risultare un gioco divertente, una sfida per lo scrittore che c'è in ognuno di noi e un modo per sfuggire alla banalità della routine quotidiana.
Che ne dite, vi piace l'idea?

mercoledì 26 giugno 2013

Scorzonera & Cannella sbarca a Parma...almeno sulla carta stampata

L'articolo è della caporedattrice della sezione viaggi della Gazzetta di Parma, Katia Salvini
Le foto sono del palermitano Zino Citelli
La cucina è la mia





Io a Cuochi e Fiamme

Il video della puntata di Cuochi e Fiamme a cui ho partecipato...divertendomi

Puntata del 15 marzo 2013

giovedì 20 giugno 2013

LE "PANELLE"


Oggi fa tantocoolandare in giro per il mondo a provare lo street food - il cibo di strada - padre naturale del più moderno fast-food. Inutile dirvi che in Sicilia, dove siamo sempre avanti, lo facciamo da secoli: il fast-food, praticamente, lo abbiamo inventato noi. Lo so, starete pensando che sono una campanilista terrona, un’estremista del pensiero terrone… Be’, forse un fondo di verità c’è, la certezza però sta nel fatto che io amo follemente la mia terra e soprattutto la mia città: Palermo, una vecchia signora sdraiata tra un monte (Pellegrino) e il mare, nobile, indolente, magnifica nonostante i marcati segni del tempo, che ancora emana una forte aura, memoria dei suoi splendori liberty e di tutta la sua antica storia.

DALLA PERCEZIONE DEI SENSI ALL'EMOZIONE DELL'ANIMA

Oggi non pubblico una ricetta, ahivoi, ma alcune riflessioni sparse buttate giù per un intervento fatto qualche mese fa ad un seminario dell'Istituto di Bioarchitettura sezione di Trapani, invitata dal Presidente Salvatore Cusumano a parlare di come il cibo influisca sul nostro stile di vita e sulle nostre emozioni.
Nel breve saggio (mi sento molto "luminare" - o forse meglio "luminaria"?), che ho intitolato "Dalla percezione dei sensi all'emozione dell'anima. Il cibo come sostanza della vita e il convivio come metafora dell'esistenza", ho provato, aiutata da qualche interessante lettura "omogenizzata" con quello che è il mio pensiero, a trasferire come il cibo non sia solo "necessario" al corpo - attraverso il quale passa la nostra conoscenza del reale sperimentato - ma anche alla mente e all'anima. C'è anche riferimento al piacere e ai sensi come approccio edonistico alla vita, negandone però l'accezione negativa e affermandone quella di conoscenza profonda.
Spero non tediarvi troppo e, non preoccupatevi, non capiterà reiteratamente che scriva di filosofia gastronomica o di gastronomia filosofica perché, per fortuna vostra e mia, non mi capita spesso di pensare.

Marmellate, Zenzero candito e Cioccolato fondente al 85%

Per secoli la filosofia e i suoi artefici, fortemente influenzati dal pensiero platonico, hanno focalizzato la loro attenzione sullo studio dell’anima cercando di fare dimenticare all'uomo di avere un corpo.
Il corpo è stato maltrattato, trascurato, martirizzato da Platone, al quale poi si è aggiunto tutto il ciclo dei pensatori cristiani.

lunedì 17 giugno 2013

Semifreddo di ricotta e cocco rapè

Questa ricetta non è tipicamente siciliana ma tra gli ingredienti vi è la regina protagonista di molti dei nostri golosissimi dolci ma anche di tanti piatti salati: la ricotta di pecora. Il nome di questo formaggio fresco - che proprio formaggio non è - deriva dal procedimento con cui viene ottenuto. La "ricotta", così come suggerisce il nome stesso, si ottiene infatti dal siero residuato dalla lavorazione del formaggio, con l'aggiunta di una piccola percentuale di latte, che, attentamente filtrato, viene riportato lentamente ad ebollizione con l'aggiunta "ru quagghiu" (il caglio: insieme di proteasi che aiutano la coagulazione delle caseine idrofobe) e mescolato con "u minaturi" (attrezzo che serve perrompere la ricotta) fino a quando non si formano i fiocchi di latte che vengono raccolti con un ramaiolo bucherellato e posti nelle "fascidde" (fascelle).
A voler cercare altre attinenze, anche il cocco, soprattutto quello fresco, fa parte ormai delle abitudini culinarie dei siciliani. Chi, infatti, non ha mai mangiato un bel pezzo di cocco agghiacciato sdivacato su una delle nostre magnifiche spiagge allettato dall'abbanniata "cocco bello, cocco fresco"?
E poi, c'è anche il profumo dell'olio essenziale di limone dovuto dall'aggiunta della scorza grattugiata dell'imperatore degli agrumi.
Bando alle ciance, ecco la ricetta, peraltro semplicissima:

mercoledì 29 maggio 2013

CUPOLA SARACENA E TESTA DI MORO (rivisitazione della cassata siciliana con cous cous dolce)

Questo dolce mi è stato ispirato dalla bellezza della mia città, Palermo. Le sue contaminazioni arabe, le rosse cupole che spiccano nel cielo di quell’azzurro intenso che solo la luce della Sicilia regala, l’odore del cibo per strada, i venditori ambulanti che “abbannìano” la loro mercanzia, i gelsomini fioriti che regalano ai passanti un dolce e intenso profumo, il mare e l’odore della salsedine, le notti serene sulla spiaggia di Mondello tanto limpide da credere di poter prendere le stelle solo allungando una mano, sono una continua “sfida” per i sensi, provocando l’anima e facendo ardere di passione per la vita.
Ho provato a trasferire tali emozioni nella mia dolce creazione, elaborata ma non di difficile realizzazione. Basta la passione per la cucina e un pizzico di pazienza, conditi dal “piacere di dare piacere”.
Ho indicato gli ingredienti per una sola "cupola" in modo tale che vi possiate gestire in base agli invitati che vorrete deliziare con questo scenografico dolce.




























martedì 7 maggio 2013

AGGRASSATU (CARNE ALLA GLASSA)

L’Aggrassu, in italiano Carne alla glassa, è un brasato ed è forse il principe dei piatti di carne della cucina palermitana. Era una ricetta della tradizione domenicale delle famiglie perché la glassa veniva usata per altre preparazioni durante la settimana, ad esempio per condire la pasta. Si ritrova anche nella tradizione gastronomica napoletana, retaggio dei cuochi di quello che fu il Regno delle Due Sicilie esistito tra il 1816 e il 1861 e di cui Palermo fu la prima Capitale. I Monzù (o Monsù) – traduzione dialettale siciliana e napoletana della parola Monsieur-  erano i capocuochi delle case nobiliari siciliane e campane, che in genere francesi non erano, ma che ebbero la capacità di creare una cucina nuova e raffinatissima inserendo elementi francesi nei piatti della tradizione.



domenica 28 aprile 2013

Favuzzi frischi c’a muddica atturrata (Fave alla moda di Palazzo Adriano)

Questa ricetta della tradizione della cucina povera siciliana me l’ha insegnata una signora, per l’appunto originaria di Palazzo Adriano (paesino normanno vicino Palermo) che oggi non c’è più, appartenuta a quella generazione di contadini che sapevano come sfruttare al meglio i prodotti della terra.
È di facile preparazione e l’unica raccomandazione è quella di utilizzare prodotti freschi e di prima qualità.

Ingredienti:
500 gr. di favette fresche già sbaccellate; 250 gr. di mollica (in siciliano tale termine viene usato ad indicare il pangrattato); 150 gr. di caciocavallo stagionato grattugiato; 200 gr. di tuma o primosale di pecora; olio EVO; 3 spicchi d’aglio rosso (possibilmente di Nubia); sale e pepe.

lunedì 15 aprile 2013

Pasta ‘o furnu (Pasta al forno o - come qualcuno dice a Palermo - Pasta “col forno”)


Quando a Palermo si dice pasta al forno, la mente vola agli anelletti, pasta a forma di cerchietto che, si narra, sia stata prodotta ad imitazione degli orecchini delle donne africane. L’anelletto è l’attore principale, l’eroe epico di questo piatto ricchissimo. Combatte e si avviluppa in lotte corpo a corpo con tutti gli altri ingredienti con i quali si mescola, danza, si aggroviglia creando un prelibato campo da gioco tutto da mangiare.
 “A pasta o furnu” – anticamente “u pasticciu ’ri sustanza” è un cult della cucina palermitana e non ha “stagione”, può andare bene a Natale, per Pasqua, per la scampagnata del 25 aprile o del 1 maggio, ma anche a Ferragosto sotto l’ombrellone, davanti al mare. È un piatto trasversale che soddisfa i palati di chi è ricco e di chi non lo è, dell’intellettuale e del sempliciotto, di uomini, donne, vecchi e picciriddi (bambini).
La storia “rù pasticciu ri sustanza” va ancora una volta collegata agli Arabi, maestri negli sformati. Anche questo timballo, come tutte le ricette della tradizione, può essere considerato “piatto anti-crisi” visto che veniva realizzato riciclando ciò che rimaneva in dispensa, abitudine che in un certo qual modo permane visto che spesso ci “cafuddiamo” (schiaffiamo) dentro quello che abbiamo in casa. Fondamentali però sono due cose: “’u ragù c’a carni capuliata” (il ragout con il tritato), possibilmente arricchito con i piselli, e la quantità: non si fa mai per poche persone e, se dovesse rimanere, anche saltata in padella la sera o il giorno dopo ha "il suo perchè".

Come per tutte le altre ricette della cucina siciliana anche di questa non ne esiste una sola versione, ma tante quante sono le famiglie palermitane. Io vi scrivo la mia.