Per prima cosa è giusto specificare che, nonostante il suo
nome, in questa preparazione della tradizione palermitana non c’è niente di
fritto. L’origine del nome si perde nel passato, possibilmente il termine che
usiamo oggi è una storpiatura di quello vero. Fatto sta che, a Palermo “frittella” è sineddoche di uno squisito
stufato di verdure.
Per tradizione si cucina il giorno di San Giuseppe (19 marzo)
che coincide con l’inizio della primavera, fondendo così la celebrazione dei
riti religiosi ai riti pagani.
La frittella la
possiamo definire come la sintesi della Primavera nel piatto. È la celebrazione
dei frutti che la terra ci offre in questo periodo: fave, piselli, carciofi e
cipollotti freschi, legati insieme da una soluzione agrodolce di aceto e
zucchero, retaggio della cucina araba. Esiste anche una variante ennese che
prevede l’aggiunta del finocchietto selvatico.
Senza l’agrodolce può diventare anche un ottimo condimento
per la pasta, aggiungendo qualche fogliolina di menta o di prezzemolo.
Anche per questo piatto vale la regola secondo cui “ne
esistono tante versioni quante sono le famiglie che la preparano”. Ecco la mia.