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venerdì 31 gennaio 2020

Marmellata di Mandarini Siciliani



Nelle mattine invernali, all'inizio del giorno quando ancora il sole non splende alto, l’aria è rarefatta e pungente. La Conca D’Oro inizia ad illuminarsi e la sua luce è incantevole. In giardino l’odore forte della terra umida si mescola al profumo intenso degli agrumi. Pendono dagli alberi come addobbi natalizi, con i loro colori sgargianti in mezzo a sfumature di verdi accesi. Immersi in un’atmosfera fiabesca, bambini, io e mio fratello, rimaniamo ammaliati a sentire il suono della natura che ci avvolge.
I miei preferiti sono i mandarini, lucidi, arancioni, aromatici e dolci. Li guardo pendere fieri della loro bellezza che attrae: “Prendimi! Prendimi!” sembrano sussurrare e mi fanno pensare alle sirene di Ulisse che sto studiando a scuola. “Mamma, possiamo?”. Autorizzati con un cenno, ci fiondiamo a cercare i frutti più belli per riempire la cesta che nostra madre ci ha dato; ma prima è obbligo farne una sostanziosa scorpacciata.
Questi ricordi di qualche tempo fa, mi sono stati evocati da un gradito regalo che mio fratello mi ha fatto qualche giorno fa: un cesto colmo di mandarini appena raccolti. Alcuni li ho mangiati subito, gli altri li ho trasformati in buonissima marmellata. Eccovi la ricetta, semplice, veloce e genuina.


Ingredienti: 1 kg di mandarini (già nettati e pronti alla cottura); 1 kg di zucchero semolato; un pizzico di sale; il succo di mezzo limone.
Procedimento: Sbucciate i mandarini. Da metà delle scorze eliminate con un coltellino l’albedo - la parte bianca – perché potrebbe conferire un gusto troppo amaro alla conserva. Tagliate i mandarini in sottili fette in un piatto, così da non perderne il succo, e rimuovete i semi (le ossa, diremmo a Palermo, dove non si sa per quale ragione ai frutti vengano associati termini anatomici…ma questa è un’altra storia). Riponete tutti gli ingredienti in una pentola, meglio, ça va sans dire, se di rame, e fate cuocere per circa 15 minuti su fiamma vivace. Trascorso questo tempo, tritateli con un frullatore ad immersione tanto quanto vi sembra necessario (tutto dipende da come preferite la texture della marmellata). Continuate a cuocere per altri 10 minuti o fin quando il liquido di cottura scenderà ad intermittenza, e non a filo, dal cucchiaio. Spegnete il fuoco e invasate rapidamente, avendo cura di riporre i vasetti sottosopra così da far sterilizzare il coperchio. Rigirateli dopo 5 minuti e lasciate raffreddare avvolti da una “manta”, conosciuta da i non siculi come coperta.

La marmellata è pronta per essere gustata come più vi piace, anche con i formaggi aromatici come i pecorini al pepe o allo zafferano.
Buone cose genuine e odorose a tutti!

martedì 25 settembre 2018

Il Parfait di Mandorle


A Palermo è un must e, credo, sia il dolce più imitato della pasticceria palermitana. Stiamo parlando del principe dei dessert: il Parfait di Mandorle.

La storia del parfait comincia a corte di Luigi XIV grazie al pasticcere del re, il quale, dopo innumerevoli esperimenti riesce ad ottenere “una crema mai vista: morbida, vellutata e totalmente priva di granelli di ghiaccio” (da: “Il Pasticcere del Re” di A. Cappella). Questo dolce freddo e spumoso si diffuse anche in Italia e, naturalmente, in Sicilia terra di nascita del sorbetto e del gelato.

Il Parfait di Mandorle è ben più giovane. Questo straordinario dolce, infatti,  vide la luce negli anni Sessanta grazie ai fratelli Salvatore e Francesco Paolo Cascino. I due grandi chef palermitani lo crearono in occasione di un banchetto organizzato per il principe Paolo di Castelcicala presso il loro rinomato ristorante La Botte di Monreale. Il dessert originariamente venne chiamato “Alì Pascià”, dato che il semifreddo venne servito all'interno di un “turbante” di croccante di mandorle caramellate e definito da una colata di cioccolato caldo.
Come ha raccontato il maestro Maurizio Cascino, figlio di Salvatore, “I semifreddi facevano già parte della cucina classica e furono mio zio Francesco Paolo e mio padre Salvatore a portarli in Sicilia e presumibilmente, nel meridione. Il primo gusto che realizzarono negli anni ‘40, personalizzando la ricetta, fu di caffè (al ristorante Extrabar Olympia di piazza Politeama a Palermo). Per la preparazione dell’Ali Pascià si variarono alcuni procedimenti ed ingredienti e si aggiunse un tocco di sicilianità con le mandorle di Avola caramellate, versando poi sul semifreddo dell’ottima cioccolata calda”.
L’Alì Pascià divenne nel tempo il dolce preferito in tutti i periodi dell’anno, sdoganando così la stagionalità dei dessert freddi.

E dopo tante parole eccovi la mia ricetta del Parfait di Mandorle, realizzata con le uova pastorizzate così da non avere eventuali problemi per l’utilizzo di questo ingrediente a crudo.

domenica 16 settembre 2018

Harissa tunisina



La luce accecante del sole ancora alto, le strade polverose, la gente che si affolla tra i banchi del mercato, chi abbannìa (bandisce la propria merce, per i non oriundi siculi), chi compra, chi chiede informazioni e poi va via per ritornare poco dopo a contrattare, chi gira per farsi un’idea di cosa e dove comprare. Se non fosse per la preghiera del mujahidin che, ammaliante come il canto delle sirene di Ulisse, si diffonde nell’aria per attrarre i fedeli, giurerei di essere a Palermo.

Sono, invece, tra le viuzze della casbah di Tunisi, un posto magico per tutti coloro che, come me, amano le spezie. Vengo attratta da lunghissimi banconi, pieni di decine e decine di barattoli, contenitori e grandi sacchi di juta che traboccano di polveri colorate, foglie e frutti. Vengo avvolta da profumi che inebriano i sensi e fanno volare la fantasia in storie dal sapore orientale. Provo a comunicare con la grassa signora in abiti tradizionali che, con gesti e voce mielata, mi invita a comprare ed io non riesco resistere al suo corteggiamento. E così, felice come una bambina, riempio la sporta di spezie, tè ed infusi vari e, soprattutto, peperoncino.

Ritornerò in Sicilia con un bottino da Mille e una notte e, finalmente, potrò realizzare l’harissa con la ricetta originale affidatami dalla mia splendida amica tunisina Meryem Yacobi, alla quale sarò per sempre riconoscente per voler condividere con me le sue tradizioni.

mercoledì 16 agosto 2017

A granita ri mellone - Granita di anguria


Immaginate una mattina d'agosto, una terrazza all'ombra in Sicilia e, davanti a voi, oltre alla vista del mare e del cielo, una bella granita di mellone con una brioscia cu tuppo”. Niente di  più inebriante e rinfrescante.

Come già scritto nell’articolo dedicato al gelo, per mellone a Palermo si intende l’anguria, nome scientifico Citrullus Ianatus. Certo, pensare che un citrullo possa darci così tanto piacere è difficile da credere, ma basta provare la mia ricetta per avere una prova inconfutabile che non tutti i citrulli sono gli stessi.

lunedì 10 aprile 2017

Dita degli Apostoli


Ho notato che più avanti vai negli anni più ti affiorano alla mente ricordi piacevoli, molti dei quali sono legati al cibo e a ciò che rappresenta. E così qualche giorno fa, in occasione di un invito a cena, volendo preparare un dolce, ho ripescato nei meandri della mia memoria un dessert che avevo avuto la fortuna di assaggiare tanti anni fa presso la pasticceria Scimone di Palermo: le “Dita degli Apostoli”.

Facendo una piccola ricerca storica ho scoperto che questo delizioso dessert, oggi molto diffuso in Puglia, non è originario della Sicilia ma nasce a Bagnara Calabra nel convento di Santa Maria e dei SS. Apostoli dove i monaci, devoti si San Tommaso, lo preparavano in occasione della Pasqua per ricordare il gesto del santo di mettere un dito nella piaga del costato di Gesù perché incredulo della sua resurrezione. Era una sorta di stretto cannolo bianco e morbido (che, per l’appunto, ricorda la forma del dito) farcito con una crema al cioccolato a simboleggiare il sangue di Cristo.

Nell’alto Medioevo, questi conventuali, arrivarono in Sicilia a seguito dei Longobardi che avevano fondato una colonia tra i Nebrodi ed i Peloritani, dove ora sorge Novara di Sicilia. Qui nel 1171, Santo Ugo fondò L’Abbazia di Santa Maria Nucaria, prima edificazione cistercense dell’isola. Con loro portarono tutte le loro conoscenze e tradizioni, anche quelle culinarie. E così le Dita degli Apostoli si diffusero in quella parte di Sicilia, dove però la crema di cioccolato venne sostituita con quella di ricotta.

Devo ammettere, che ancora oggi non è un dolce molto noto nella parte occidentale dell’isola e la loro tradizione rischia di perdersi, provocando, data la loro bontà, un grosso buco nero nell'arte pasticcera.
La mia ricetta è frutto di sperimentazione. Si tratta di morbide crespelle ripiene di crema di ricotta e panna, definite con zucchero a velo e cannella. L’ho elaborata basandomi sul dolce che avevo mangiato e devo dire che il risultato è stato eccellente. La voglio condividere con voi per due motivi: uno è perché non si perda la tradizione; l’altro perché è troppo buono per non mangiarlo almeno una volta nella vita.

Ingredienti (per 10 persone): Per le crespelle: 1 uovo; 1 cucchiaio raso di zucchero; un pizzico di sale; 80 gr. di farina 0; 20 gr. di farina di riso; 100 ml di latte; 200 ml di panna fresca; 1 bustina di vanillina. Per la crema: 350 gr. di ricotta di pecora; 200 ml di panna fresca; 8 cucchiaini di zucchero; un pizzico di vanillina. Per definire: zucchero a velo e cannella in polvere.

Procedimento: Per prima cosa mettete a scolare la ricotta, anche la sera prima, in modo che sia ben asciutta. Preparate le crespelle, mescolando bene tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo. Cuocetele, a fiamma molto moderata, in una padella di 22 cm di diametro velato di burro. Dovete fare attenzione alla cottura perché le crepes devono risultare bianche. Man mano che sono pronte disponetele in un piatto alternate a fogli di carta forno, utile a non farle attaccare fra di loro ma che vi servirà anche da guida per avvolgere il cannolo.
Conclusa questa operazione, dedicatevi alla crema. Lavorate la ricotta con 4 cucchiaini di zucchero fino a che non sarà ben liscia. Montate la panna con il rimanente zucchero e la vanillina. Unitevi la ricotta, aiutandovi con una spatola, con movimenti lenti ma decisi dal basso verso l’alto. Ora siete pronti per assemblare tutti gli ingredienti.
Mettete sul ripiano una crespella alla volta e, con un sac à poche senza bocchetta, farcitela fino a metà. Adesso arrotolatela a formare un cilindro. Avvolgetelo nella carta forno su cui l’avete poggiato. Quando avrete realizzato tutte le vostre “dita”, riponetele in freezer per almeno tre ore.
Prima di servirle, fate delle sezioni di cilindro effettuando dei tagli obliqui (come da foto). Riponete le “dita” in un piatto da portata e spolverizzatele con zucchero a velo e cannella.


Può sembrare complicata, ma in realtà è una ricetta semplice da realizzare e pure comoda perché, visto che vanno congelate, si possono fare con largo anticipo.
Questa versione palermitana delle “Dita degli Apostoli” non ha niente a che vedere, dunque, con la ricetta originale delle Dita degli Apostoli. È molto più delicata, eterea. A detta di chi le ha assaggiate sono una vera delizia paradisiaca ed io non posso fare altro che confermarne il giudizio.

Buone cose soavi a tutti!

Suggerimenti: la farina di riso è facoltativa, serve a dare una maggiore morbidezza alla crespella, ma può essere sostituita con la stessa dose di farina 0.

Per poterle gustare al meglio, servitele dopo 10 – 15 minuti che le avete portate fuori dal freezer. Otterrete una sorta di semifreddo che, sciogliendosi piano in bocca, esprimerà al meglio il suo sapore.

martedì 24 febbraio 2015

Perché Scorzonera & Cannella? Why Scorzonera & Cannella?



“Scorzo… cosa?” E la domanda è di norma accompagnata da un’espressione sbigottita come di chi sta tentando di capire un idioma straniero.
Allora ripeto, “Il nome del mio blog è Scorzonera & Cannella, come il famoso gusto di gelato palermitano gelsomino e cannella. Quello che inventarono gli Arabi e poi divenne famoso e à la page durante la Belle Epoque quando Palermo era chiamata Floriopoli, città splendida e meta di tutta l’aristocrazia e l’alta borghesia europea di quella favolosa era.
A quel tempo, il miglior gelato scorzonera e cannella si poteva gustare alla Gelateria Ilardo del Foro Italico, servito in splendide coppe di cristallo per dare risalto anche ai delicati colori di questo delizioso e fresco dessert.

Ecco perché ho scelto questo nome per il mio blog di cucina, perché fortemente legato al territorio e perché connesso con il mio forte senso di identità cultural-popolare.

Vi segnalo anche questi interessanti articoli:

"Scorzo…what?" And, a s a rule, the question is accompanied by a bewildered expression as of whom is trying to understand a foreign idiom.
Then I repeat, "The name of my blog is Scorzonera & Cannella as the famous taste of jasmine and cinnamon ice-cream, traditional of Palermo.
It was invented by the Arabs and then became famous and à la page during the Belle Epoque when Palermo had called Floriopoli, splendid city and destination of the whole aristocracy and the high middle class European of that magnificent era.
At the time, the best ice-cream scorzonera and cannella it could be tasted to the Gelateria Ilardo of the Foro Italico (Palermo’s waterfront), served in splendid cups of crystal also to give prominence to the delicate colors of this delicious and coolness dessert.
That is why I have chosen this name for my kitchen’s blog, because strongly tied up to the territory and because connected with my deep-seated awareness of cultural-popular identity.

mercoledì 23 luglio 2014

...non sono sparita

...scusate l'assenza lunga più di un mese, ma tra impegni in cucina e un magnifico viaggio tra la Georgia e la Florida - durante il quale ho fatto interessanti scoperte culinarie di cui scriverò - non ho avuto a disposizione il tempo necessario per darvi l'attenzione che meritate!

ma sono ancora qui... Keep in touch!