
Sono stata titubante se scrivere o meno questo articolo. Poi
la decisione, mettendo da parte qualsiasi tipo di moralismo e di senso del pudore
(e anche, in qualche modo, il buongusto).
"Pudore?" - vi chiederete - "E perchè mai
dovresti avere pudore nello scrivere una ricetta o nel parlare di
cucina?".Perchè vi voglio parlare del dolce tipico pasquale di San
Fratello, paesino normanno allocato sui bellissimi Monti Nebrodi in provincia
di Messina.
"E che ci sarà di scandaloso in un dolce
pasquale?" - continuerete a chiedervi.
Be' effettivamente qualcosa di scandaloso c'è in questi
biscotti fatti con farina 00, uova, zucchero, strutto, lievito, vanillina,
latte e semi di anice, che prendono diversi nomi a seconda delle zone di produzione:
"Pupi cu l'uovu" a Palermo, i "Cudduri" nella Sicilia
Orientale, "Cannati o cannatieddi" nel trapanese (ma anche a Carini),
"Panaredda" o "Palummedde" in altre province siciliane,
"Pupiddi" in Calabria.
A San Fratello, invece, si chiamano "Pumpjii",
"Pumpini".
L'ho scoperto qualche tempo fa grazie al mio amico Zino
Citelli, il quale ha raccontato un episodio esilarante che aveva come soggetto
tali biscotti sanfratellani e un suo amico medico, al quale dopo avere fatto
una consulenza gratuita hanno detto: "Dutturi,
visto chi un si vole pajari, ci fazzu fari quattru pumpini ri me' figghia".
Sfido maliziosamente qualunque uomo a rimanere indifferente davanti a tale tipo
di proposta e anche la faccia del dottore tradì un attimo di smarrimento.
Il nome molto probabilmente deriva dal termine dialettale
"pumpìan", che indica
qualcosa fatta in pompa magna. Ha chiare origini francesi o, meglio,
gallo-italiche dato che San Fratello è stata ripopolata in era normanna da
soldati coloni lombardi, che hanno lasciato in eredità questo nome
"scomodo" a tali dolci sanfratellani.
Questa è la mia personale ricetta: