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lunedì 20 novembre 2023

Pasta cu i vruocculi arriminata - Pasta con i broccoli in tegame

Prima di passare alla descrizione della ricetta di questo gustosissimo primo piatto palermitano, vorrei fare una premessa “linguistica”.

Che i Siciliani, e in particolare i Palermitani, abbiano un abito mentale ‘nturciuniatu (contorto) – i dotti lo descriverebbero filosofico – è indubbio. Noi le cose semplici le facciamo diventare complicate, così per non annoiarci. Pure in questa ricetta, usiamo il termine “broccolo” ma intendiamo

giovedì 18 gennaio 2018

'A pasta ch'i vurrani - Minestra di borragine

Fiore di borragine
Tra i ricordi più belli di quando ero bambina ritrovo le passeggiate in campagna con mia madre per raccogliere le verdure spontanee. Lei mi ha insegnato a distinguere le erbe buone da quelle non commestibili, a cogliere i fiori spontanei per farne rustici bouquet e, soprattutto ad amare la Natura e a stupirmi per la sua continua meraviglia.
Una delle verdure spontanee più buone e salutari del periodo invernale è la borragine (clicca sul link per conoscerne Proprietà e benefici), con le sue foglie grassocce e leggermente pelose. È anche molto versatile in cucina e può essere la protagonista di tanti piatti prelibati, più o meno calorici.
Se non avete voglia di raccoglierla o temete di non riconoscerla, non vi create problemi, perché oggi è facile reperirla sui banconi dei fruttivendoli.
La ricetta che vi propongo oggi è una minestra gustosa e disintossicante, la cui preparazione non richiede grande impegno – se non nel lavarne bene le foglie – e, al contempo, conserva molte delle sue proprietà balsamiche e nutrizionali. La potremmo definire come la versione invernale della ben più famosa pasta con i tenerumi.
Eccovi la ricetta:

lunedì 13 novembre 2017

Busiate alla carrettiera


Tra i piatti della cucina popolare siciliana, la pasta alla carrettiera è un primo profumato, facile, economico e che spesso può togliere dagli impicci quando non si ha idea di cosa cucinare.

Si narra fosse il piatto principe del pasto dei carrettieri, praticamente gli antenati degli autotrasportatori, che avevano sempre nel loro tascapane, la pasta, delle acciughe salate, una forma di pane casereccio, aglio e olio, cioè tutti ingredienti facili da trasportare e non facilmente deteriorabili.
La ricetta che voglio condividere è stata arricchita con piccole varianti personali. Ecco come realizzarla.

giovedì 12 ottobre 2017

Zuppa di cannellini e tenerumi


Quando ero bambina mi capitava di passare lunghi pomeriggi a casa della zia Mimma, una delle sorelle di mia madre. Mi piaceva andare da lei perché c’era Lessie, un collie scozzese bianco e nero dolcissimo. Ricordo che mi faceva mettere a cavalcioni su di lui e, aggrappata alla sua lunga criniera, mi portava in giro per la casa. Un altro ricordo è quello di una buonissima zuppa di cannellini e vurrani (borragini, per i non siculi) che la zia preparava nelle fresche giornate autunnali.

Ecco, la ricetta che voglio condividere con voi è una rivisitazione di questa zuppa, dove al posto della borragine ho utilizzato i tenerumi, cioè le foglie della Lagenaria Longissima in palermitano detta “’a cucuzza luonga”. 

martedì 12 settembre 2017

Paccheri con bottarga e melanzane


Sul finire dell'estate, la luce del sole diventa nostalgica. Si posa sulle cose e sulle persone con stanchezza. Quando i suoi raggi ti raggiungono, in contrasto con l'aria fresca, ancora scaldano. Si prova una sensazione strana, di malinconia, come quando sai che stai per perdere qualcosa e non ci puoi fare niente. Allo stesso tempo, però, sai anche che presto ne troverai di nuove che non ti faranno più sentire quella mancanza.
Fatta questa premessa sul mio stato meteoropatico, se anche voi vi sentite così, ho da suggerirvi un piccolo rimedio: distraetevi con cose per voi piacevoli e attorniatevi di colori che vi fanno stare bene.
Io lo faccio anche in cucina e oggi, a tal proposito, vi voglio proporre la ricetta di un primo facile, colorato ma, al contempo, raffinato: i Paccheri con la bottarga e le melanzane.

lunedì 12 giugno 2017

Tagghiarini cu i favuzzi frischi


Quella contadina è una cucina semplice ma gustosa e sana, che predilige i prodotti di stagione ed evolve con l’alternarsi delle stagioni.
Oggi, in omaggio alla primavera e ai suoi frutti, vi propongo i Tagghiarini fatti in casa con le fave fresche e il finocchietto selvatico, una ricetta della tradizione gastronomica siciliana.
La pasta fatta in casa è tradizione di tutte le regioni italiane. Al sud, come in Sicilia, e in alcune parti del centro si prepara senza l'aggiunta di uova. I formati si somigliano tutti, anche se prendono nomi diversi. Ad esempio, i "tagghiarini" (tagliolini) siciliani che qui vi presento in Toscana si chiamano "pici", nella Tuscia (zona di Viterbo) invece diventano i "lombrichelli", mentre a Roma sono i "tonnarelli".

Non è difficile da preparare, occorre solo un po’ di tempo come per tutte le cose buone. Siete pronti? Eccola.

mercoledì 31 maggio 2017

Gnocchi di patate con farina di grano Antille


Se è vero che “siamo ciò che mangiamo” - parafrasando Feuerbach - significa che il cibo influenza non solo il nostro corpo ma anche la nostra coscienza e il nostro modo di pensare. Proprio per questo dovremmo porre maggiore attenzione a cosa ingurgitiamo. Una pietanza per essere gustosa non deve necessariamente essere elaborata, ma deve essere fatta con ingredienti di prima qualità. E questo implica utilizzare prodotti a km zero – come si usa dire oggi – e realizzati senza l’aiuto della chimica. Scegliere delle buone materie prime, dunque, significa non solo essere più attenti a noi stessi ma anche rispettare il territorio di provenienza e il lavoro di chi le produce. Questo tipo di scelta innesca anche dei cicli virtuosi per l’ambiente e chi lo abita.

Ultimamente ho scoperto un’ottima farina di grano tenero prodotta dall'azienda agricola Di Traglia con grano coltivato a Bracciano, a pochi chilometri da dove abito per buona parte dell’anno. È della varietà Antille, molito a pietra, ricco di germe di grano e dunque di sostanze nutritive. Non è trattato con il glifosato (un erbicida, valutato dallo IARC come probabile cancerogeno, che oggi va di moda per fare maturare il grano più in fretta) ed ha un  sapore genuino ed antico. Sapete che in genere non dico le marche dei prodotti che uso, ma credo sia giusto celebrare l’eccellenza che proviene dal sudore e dal sacrificio di uomini, come Andrea e Marco, che ancora credono e puntano sul valore della qualità.


Ho usato la loro farina per realizzare diversi piatti: la sfoglia per i ravioli del plin, un pan brioche salato, un ciambellone allo yogurt e gli gnocchi di patate con erba cipollina. Ed è proprio di questi ultimi la ricetta che oggi vi propongo.

venerdì 24 febbraio 2017

Pasta con le patate a minestra


Uno degli ingredienti più diffusi in qualsiasi cucina del mondo sono le patate. Anche quella siciliana non si esonera e annovera tanti piatti tipici in cui vengono impiegate: “a sfincione”; glassate; “a gattò”.

La patata è un tubero generalmente liscio, picchettato da germogli in nuce che sembrano piccoli occhi. Tanto che, quando mi appresto a sbucciarle, ho come l’impressione di essere osservata da tanti sguardi languidi, speranzosi di non essere spenti. Ma, lo sapete bene, la cucina è un ambiente violento, pieno di coltelli pronti a sferzare il loro taglio mortale. È un duro lavoro, soprattutto se vuoi preparare una delle specialità della cucina tradizionale palermitana: la pasta con le patate.

Non vi confondente, non è la “pasta alla glassa”, bensì una minestra molto densa. Gli chef stellati, la definirebbero "risottata". Per me, il termine corretto è “maccusa”. L’ho imparata dalla mia mamma e oggi la voglio condividere con voi.

venerdì 4 marzo 2016

'A pasta "a milanisa" o con l'anciova


A chi, come me, è nato e cresciuto a Palermo, sarà capitato almeno una volta nella vita di ritrovarsi di giorno tra i vicoli del centro storico. I panni stesi con le lenzuola che sventolano come grandi bandiere, i bambini che ancora giocano per strada, i gatti randagi che gironzolano sornioni alla ricerca di qualcosa da mangiare, gli odori dolci e pungenti che dalle cucine si riversano nelle strette strade tortuose e si diffondono prepotenti nell'aria, le donne che vocìano da finestra a finestra mentre spicciano i lavori di casa e, soprattutto, cucinano per il pranzo. “Pina, ma comu a fai a pasta st’innata? C’è un ciavuru!”. “Nie’, oggi fazzu cose spiccie. Staju facennu a Milanisa”.

Lo so cosa vi state chiedendo: una palermitana che fa la pasta alla milanese? Ebbene si! Dopo attimi di disorientamento che colpirono anche me la prima volta che lo sentii - non riuscivo a spiegarmi perché una palermitana avesse dovuto preparare la pasta come a Milano - mia nonna Nella mi spiegò che era la pasta con l'anciova[1], uno dei primi più famosi della cucina siciliana. Un piatto gustoso, fatto con le acciughe salate, l’estratto di pomodoro, passolina e pinoli[2] e la muddica atturrata (pangrattato tostato), il formaggio dei poveri.

Come per ogni ricetta, anche questa conosce diverse varianti più o meno simili e il suo nome è strettamente legato, come tutti i piatti tradizionali, alla storia, al territorio e alla sua gente.
Si narra, infatti, che questo piatto sia nato come alternativa, molto valida, alla ben più famosa pasta con le sarde, la cui preparazione era però limitata alla primavera e all'estate, stagioni durante le quali sono reperibili gli ingredienti freschi per realizzarla.

Un altro importante fattore era costituito dal costo molto elevato di uno degli ingredienti fondamentali del famoso primo, lo zafferano, che non tutti si potevano permettere. Venne così sostituito dall'astrattu (estratto di pomodoro) che conferiva alla nuova elaborazione un colore vagamente ambrato.

Ma torniamo all'origine del nome di questa non meno buona cugina della pasta con le sarde, fatta solo con prodotti di “conserva”, che hanno il duplice vantaggio di essere disponibili tutto l’anno e, soprattutto, sono non deperibili e facilmente trasportabili.
Queste caratteristiche hanno fatto ipotizzare ad alcuni studiosi delle tradizioni che la “pasta c’anciova” sia stata inventata dagli emigranti siciliani, i quali durante l’estate, nella propria terra d’origine, facevano incetta di una serie di cibarie che portavano nel freddo Nord e che cucinavano per non scordare i profumi e i sapori della Sicilia. Ecco il motivo per cui questo primo piatto, assolutamente siciliano ma inventato in terra straniera, viene appellato “alla milanese”; considerando anche che per lungo tempo in Sicilia si diceva Milano intendendo però tutto il nord Italia.
Adesso è arrivato il tempo di descrivervi la ricetta. Vi darò naturalmente la versione della mia famiglia che prevede l’uso del concentrato di pomodoro al posto dell’estratto e non considera l’uso del finocchietto selvatico, fortemente odiato da mio fratello Dario.

PS: a Palermo è quasi obbligatorio anche il formato di pasta da usare: o la margherita o il bucatino. Molti non transigono, ma io ho rotto la tradizione ed ho usato i rigatoni. Credetemi, connubio perfetto tra il sugo e la pasta.


Ingredienti (per 4 persone): 400 gr. di pasta del formato che più vi aggrada; 200 gr. di concentrato di pomodoro; 8 filetti di acciughe sott’olio o salate; 1 grossa cipolla; 2 spicchi d’aglio; 25 gr. di passolina e pinoli; 100 gr. di pangrattato; olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b.

Procedimento: In una padella in cui potrete poi mantecare la pasta, soffriggete a fuoco lento la cipolla e l’aglio tritati. Quando la prima sarà trasparente, unite i filetti d’acciuga e scioglieteli nell’olio con l’aiuto del cucchiaio di legno. A questo punto, aggiungete il concentrato di pomodoro, passolina e pinoli e un bicchiere di acqua calda. Fate cuocere per circa 20minuti, salando e pepando secondo il proprio gusto. Il sugo dovrà risultare ben stretto. Cuocete la pasta e, nel frattempo, tostate il pangrattato in un padellino antiaderente (alcuni lo fanno saltare con altro olio, io preferisco senza aggiungere condimenti in questo caso perché la salsa ne è già molto ricca). Scolate la pasta al dente e trasferitela nella padella insieme ad un paio di cucchiai d’acqua di cottura. Saltatela velocemente e servitela spolverizzando il piatto con un po’ di mollica atturrata, che servirete anche a parte.

Buone cose “milanesi” a tutti.


[1] L’acciuga o alice è un comunissimo pesce che popola le acque del Mediterraneo e vanta molte denominazioni dialettali e locali: viene infatti chiamata “lice” in Puglia, “sardon” dal Veneto alle Marche, “anciuia” in Liguria e “anciova” in Sicilia. Le alici vengono generalmente pescate tra il mese di marzo e quello di agosto, ovvero nel loro momento riproduttivo maggiore, durante il quale si avvicinano alle coste. Sono pesci poco ricercati ma molto gustosi e ricchi di nutrimenti importanti per il nostro organismo. Si prestano ad essere “conservate” sotto sale, sott’olio o marinate. La salagione delle acciughe deriva da un’arte antica di origine etrusca, basata su un procedimento in cui il sale viene alternato ad ogni strato di acciughe, in modo che i pesci alla fine risultino poco visibili

[2] La “passolina” è un’uvetta nera passita molto presente nella cucina della tradizione siciliana. Come suggeritomi dal mio erudito amico Giovanni Rallo, veniva aggiunta alle preparazioni per non fare avvertire l’uso di ingredienti non proprio freschissimi. Col tempo il suo uso è diventato una gustosa consuetudine che apporta una dolce ricchezza ai piatti.

giovedì 17 settembre 2015

La salsa di pomodoro fresco


In tempi passati era uso e costume preparare con i frutti dell’orto estivi le conserve per l’inverno. Uno dei protagonisti era - e resta - il pomodoro.
Il succoso e rosso ortaggio veniva trasformato in: chiappe (pomodoro secco); pelati; ‘strattu (estratto) e, naturalmente, in salsa. Non poteva mancare nella dispensa una consistente scorta del saporito sugo.
Ancora oggi qualche volenterosa massaia prepara “’a sarsa”, magari con il pomodoro raccolto nel proprio orto. Io sono tra queste, tanto che molte mie amiche e amici mi credono pazza.
Chissà forse lo sarò anche, ma la bontà di questo sugo è difficilmente paragonabile e, ancor meno, avvicinabile a quello delle commerciali passate.
La ricetta che fornisco di seguito è quella che ho imparato dalla madre di mia madre, la nonna Nella, donna raffinata, delicata disegnatrice e grande cuoca.
Nella era il suo soprannome, vezzeggiativo di Francesca. Il suo nome di battesimo era, in realtà, Francesca Margherita. Ma visto che prima nelle grandi famiglie si era soliti dare ai nascituri i nomi degli avi e spesso i cugini si chiamavano tutti allo stesso modo, per differenziarli ed evitare confusioni e scambi di persona, ai bimbi venivano assegnati dei soprannomi.
Dopo questa breve recensione familiare e brevissima storia delle tradizioni, passo all'argomento principale: la salsa di pomodoro che, peraltro, non è detto detto che la dobbiate necessariamente trasformare in conserva. Potete anche realizzarne quantità moderate e servirla con gli spaghetti o con il formato di pasta che più vi aggrada, magari aggiungendo delle melanzane fritte a cubetti e la ricotta salata creando una vera opera d’arte: “la pasta alla Norma”.

venerdì 17 luglio 2015

Vermicelli con porcini, spatola e pomodoro


Non è che fossi tanto in vena di cucinare ieri sera, ma pur di vedere l'espressione soddisfatta sul viso del mio ospite, ho rovistato nel freezer e ho trovato l'ispirazione in alcuni ingredienti molto interessanti: porcini raccolti lo scorso autunno al Bosco della Ficuzza e dei filetti di spatola acquistata dai pescatori a Sciacca.
In frigo c'era del pomodoro e... così, facendo un soffritto di aglio e cipolla dove ho buttato i porcini e dopo pochi minuti il pesce, sfumando con un po' di Grillo (vino bianco), aggiungendo alla fine il pomodoro a cubetti e qualche foglia di menta fresca per profumare, ho realizzato un sugo che, non per essere presuntuosa, ma è riuscito veramente buono. La prossima volta aggiungerò anche della buccia di limone grattugiata...e vi ho dato pure questo suggerimento.
Buone cose profumate!

domenica 5 luglio 2015

Pic Pac. Un nome, un sapore


Dedicato alla donna che, insieme a mia madre, considero la più importante della mia vita: mia zia Cetti.

“Zia…”, chiamò a voce alta entrando nell'ingresso dell'enorme casa. “Ehi, Mollichina” – così la chiamavano dal giorno in cui Geen, un'amica di famiglia inglese, la chiamò Molly - rispose da lontano la voce della zia. Era il loro rito, ogni volta che la bimba arrivava. Il loro modo per riconoscersi e sancire il loro rapporto in modo esclusivo.

Poi la corsa nel lungo corridoio che portava alla cucina, che non era solo un'enorme stanza arredata e corredata di tutto quello che può servire per cucinare. Era il cuore pulsante della casa. Era il luogo del potere e dell’amore, era il posto dove si prendevano le decisioni importanti e il rifugio per le nidiate di figli delle tre sorelle. Una grande famiglia matriarcale, con donne dal fisico giunonico e col temperamento da amazzoni. Donne dure, abituate a lottare, non avvezze alle smancerie ma capaci di amare profondamente. E il loro amore, come la maggior parte delle donne del sud Italia, lo dimostravano attraverso il cibo, preparando specialità e manicaretti sempre diversi, apparecchiando quotidianamente conviti festosi e opulenti.

giovedì 12 febbraio 2015

Il Riso Pilaf


Non si può certo dire che faccia parte della cucina italiana, men che meno della tradizione siciliana, ma il riso preparato all'orientale è, a mio avviso, uno dei piatti più sani e versatili che si annoverano nel panorama della gastronomia internazionale. E siccome il mio campanilismo si arresta davanti alla bontà, da qualsiasi parte essa provenga, e dato che ho già pubblicato la ricetta del goulash con il quale si sposa benissimo, eccovi il Riso Pilaf.

martedì 1 aprile 2014

Tagliatelle fresche al Nero di Seppia


“Non ce l’hai il fidanzato?”
“No”, rispose
“Come mai?”, disse lui
“Gli uomini mi hanno terribilmente annoiato”.
Lui allora si chinò, le diede un bacio sulle labbra e disse: “Posso essere io il tuo Valentino?”
Lo guardò con aria stupita e rispose: “No, non puoi esserlo. Sei troppo giovane”.
In quello stesso momento però sentì un preoccupante scricchiolio nel muro dentro cui aveva barricato le sue emozioni, mesi e mesi di lavoro di costruzione che si stava frantumando in pochi secondi. Non voleva, spiaccicò sulla crepa della malta anti-passione, e se ne andò.
La malta però non ebbe una buona presa, per fortuna.
Nei dieci giorni trascorsi intensamente insieme, quel ragazzino venuto da lontano le fece scoprire ciò che lei voleva dall'Amore, la sua idea di Amore, non era illusione o sogno romantico ma esisteva nella realtà. Sicuramente lui non era l’uomo della sua vita, le variabili età e distanza non giocavano a favore, ma quello che accadde le riaprì una breccia da cui vedere di nuovo la vita colorata a tinte forti.
La consapevolezza che il presente è già passato le fece godere ogni attimo di quella storia. Non si separarono quasi mai e, sapendo che presto invece questo sarebbe avvenuto, lei cercò di accontentarlo in tutto. E una sera gli insegnò anche a fare la pasta col nero di seppia.

lunedì 3 marzo 2014

Bavette con pesto di rucola

La rucola Eruca sativa - o ruchetta (a volte trasformata in rughetta) è un’erbetta fresca dal gusto piccante che spopola nei piatti dei ristoranti e delle pizzerie italiane sin dai fatidici anni Ottanta. È così presente da essere inflazionata e, sinceramente, quando il cameriere mi illustra il piatto prescelto concludendo con la fatidica frase “su un letto di rucola”, mi prende una sorta di brivido freddo e sento le mie papille solidarizzare con i miei neuroni irritati.

La rucola, in verità, ha un buon sapore ed è molto gradevole in alcune insalate o gustata al naturale bagnata in una semplice vinagrette o, come ho potuto fare grazie al mio amico Matthew Grunewald, in una squisita salsa di sesamo giapponese. Ma è eccezionale anche cotta, lessata e ripassata in padella con aglio, olio e peperoncino oppure ridotta in pesto per condire un buon piatto di pasta asciutta.

E, quindi, quando mi ha telefonato la mia carissima Angela dicendomi “Ho della rucola fresca dell’orto di mio fratello e te ne ho preparato un sacchetto. La vuoi?”, i miei neuroni piuttosto che innervosirsi si sono eccitati e mi hanno fatto rispondere nell’unico modo lecito “Certo che la voglio”. Ed era talmente tanta che l’ho potuta degustare e fare degustare in tutti i modi possibili.

Ed ora la ricetta del pesto, semplice, rapida e saporita.

sabato 23 novembre 2013

NOODLES CON ZUCCHINETTE GENOVESI E PISELLINI

È una ricetta semplice, gustosa, leggera e adatta a tutti i palati perché abbatte le “barriere gastronomiche”, vista l’assenza di prodotti di origine animale e l’essere totalmente gluten free.
monica cecere
Ecco come realizzare i Noodles

venerdì 12 luglio 2013

“CIAURI” DI SICILIA - RAGOUT DI TRIGLIE CON FINOCCHIETTO SELVATICO E ZESTE DI LIMONE

In questa ricetta è, a mio avviso, racchiusa la Sicilia, terra grande, fertile e piena di sole che dà sapore ed addolcisce ogni cosa. La sua storia gastronomica racconta una cucina di tradizione, sia agricola sia marinara, che le ingerenze dei popoli succedutisi sull’isola hanno contribuito ad arricchire di nuovi gusti e nuovi metodi di produzione e preparazione.
Gli ingredienti e il procedimento sono molto simili a quella della "pasta chi sardi"[1], presentano alimenti introdotti nei secoli dalle varie dominazioni: il pesce; la pasta, gli agrumi, la "passolina" e i pinoli (periodo arabo); la frittura (importata e diffusa nell'isola nel periodo angioino); il pomodoro e il pepe (periodo spagnolo); e in ultimo, ma non ultima, l'arte della presentazione lasciataci in eredità dai Monsù, i cuochi francesi arrivati al seguito dei Borboni e subito adottati dalla nobiltà siciliana. Ho personalizzato questo piatto con l’aggiunta del cardamomo, una spezia profumatissima e antica introdotta in Sicilia dai Greci ma il cui uso nella cucina siciliana è andato purtroppo perduto nel tempo.
E' un primo piatto che può essere considerato per la sua ricchezza anche un pasto completo, ma difficilmente sarà ritenuto tale in un classico pranzo siciliano, opulento ed esagerato come pochi conviti riescono ad essere.

martedì 9 luglio 2013

"Storia di una saga familiare: a pasta ca cucuzza fritta" di Zino Citelli

Può una ricetta, che spesso è frutto della tradizione, diventare di pura fantasia ed essere modificata o rielaborata per evitare liti? Si, questo è successo a me e lo racconto.
In estate, uno dei piatti preferiti dai palermitani è la pasta con la zucchina fritta una vera delizia per il palato, una ricetta semplice e veloce che per la preparazione, richiede questi ingredienti: una zucchina napoletana, basilico, olio d’oliva, sale, pepe e parmigiano ed ovviamente la pasta.

venerdì 5 luglio 2013

"Il ragù di carne" di Vanessa Siebezzi

Era troppo tempo che non lo faceva più. Eppure doveva essere come andare in bicicletta, nuotare o fare l'amore: una volta che hai imparato non ti dimentichi più. O forse era solo il pensiero che per la prima volta l'avrebbe fatto per un'altra persona, e non per se stessa, a preoccuparla.
Fare il ragù di carne per lei aveva l'importanza di una cerimonia. Le verdure andavano tritate con la mezzaluna, ad una ad una, cominciando dal gusto più delicato; prima la carota, poi il sedano e poi la cipolla perché gli aromi non dovevano mescolarsi sul tagliere ma dopo, nel soffritto, rigorosamente in olio extra vergine di oliva. E solo quando il soffritto era morbido e dorato al punto giusto si metteva a rosolare la carne. E anche la carne era meglio batterla al coltello personalmente.

lunedì 15 aprile 2013

Pasta ‘o furnu (Pasta al forno o - come qualcuno dice a Palermo - Pasta “col forno”)


Quando a Palermo si dice pasta al forno, la mente vola agli anelletti, pasta a forma di cerchietto che, si narra, sia stata prodotta ad imitazione degli orecchini delle donne africane. L’anelletto è l’attore principale, l’eroe epico di questo piatto ricchissimo. Combatte e si avviluppa in lotte corpo a corpo con tutti gli altri ingredienti con i quali si mescola, danza, si aggroviglia creando un prelibato campo da gioco tutto da mangiare.
 “A pasta o furnu” – anticamente “u pasticciu ’ri sustanza” è un cult della cucina palermitana e non ha “stagione”, può andare bene a Natale, per Pasqua, per la scampagnata del 25 aprile o del 1 maggio, ma anche a Ferragosto sotto l’ombrellone, davanti al mare. È un piatto trasversale che soddisfa i palati di chi è ricco e di chi non lo è, dell’intellettuale e del sempliciotto, di uomini, donne, vecchi e picciriddi (bambini).
La storia “rù pasticciu ri sustanza” va ancora una volta collegata agli Arabi, maestri negli sformati. Anche questo timballo, come tutte le ricette della tradizione, può essere considerato “piatto anti-crisi” visto che veniva realizzato riciclando ciò che rimaneva in dispensa, abitudine che in un certo qual modo permane visto che spesso ci “cafuddiamo” (schiaffiamo) dentro quello che abbiamo in casa. Fondamentali però sono due cose: “’u ragù c’a carni capuliata” (il ragout con il tritato), possibilmente arricchito con i piselli, e la quantità: non si fa mai per poche persone e, se dovesse rimanere, anche saltata in padella la sera o il giorno dopo ha "il suo perchè".

Come per tutte le altre ricette della cucina siciliana anche di questa non ne esiste una sola versione, ma tante quante sono le famiglie palermitane. Io vi scrivo la mia.