“Domenica potrei venire con te?
Ti posso aiutare.”. Si stupì di quella domanda inattesa ma che le diede un
attimo di felicità e rispose in modo istintivo e con un po’ di imbarazzo “Si,
certo che puoi”. Se ne pentì subito dopo. Non perché non lo volesse con lei o
non le facesse piacere avere compagnia, anzi il contrario, ma temeva sè stessa.
Sapeva come si trasforma in cucina mentre lavora, se qualcosa non fosse andata
per il verso giusto avrebbe potuto avere reazioni aggressive. Si frequentavano
da due giorni, forse tre, lui non la conosceva e non le sarebbe piaciuto
mostrargli il suo “dark side of the moon”. Però non voleva rinunciare a passare
del tempo con quell’uomo che le era “piombato” nella vita quasi
accidentalmente.
Le cose non succedono mai per
caso, anche se possono succedere all’improvviso. E fu proprio così che
successe, d’improvviso. Quando accadde lei provò la stessa sensazione che si ha
quando si scorge nel cielo una stella cadente. Anche a voi sarà capitato di
vederle. Il repentino movimento di quella gigantesca pietra infuocata, disegna
nel cielo una traccia luminosa che lascia rapiti e sgomenti. Non te l’aspetti
mai di vederla una stella cadente, capita e capita d’improvviso. E quando
succede, senti dentro una sensazione strana, non sgradevole anzi, al contrario,
solo che non la riesci ad identificare perché è un misto tra stupore,
sbigottimento e felicità. Chissà perché poi si goda guardando qualcosa che sta
morendo.
Comunque lei provò la stessa
cosa. E così decise di non dirgli di aver pensato che aveva risposto troppo
frettolosamente e forse sarebbe stato meglio che non andasse con lei; decise di
viversi il momento e le emozioni. Trovò però una sorta di escamotage per
evitare caso mai di farlo sentire di troppo e non sentirsi in imbarazzo lei nel
caso la situazione fosse sull’orlo del precipizio nervoso. “Sai, ho pensato che
mi saresti di grande aiuto se potessi fare delle foto ai piatti. Non ho mai il
tempo per farlo mentre lavoro, così se le facessi tu mi faresti un grande
favore”.
Così, partirono la domenica mattina
verso un piccolo centro vicino Palermo. Il breve viaggio in auto, in quella
giornata uggiosa e fredda, fu riscaldato dalle loro risa. Arrivati a
destinazione, dopo le presentazioni e qualche minuto d’imbarazzo, cominciarono
a lavorare. Lei gli illustrò il menù. Due antipasti: Profiterole con crema di zucchine genovesi e fonduta di formaggi con
mandorle al almelle e Crema di
avocado e zenzero con crudités e gamberoni in pasta kataifi. Un primo: Risotto ai topinambour. Due secondi: Quiche di spinaci e ricotta di pecora con
salsa al mascarpone aromatizzata con cannella e paprika dolce, Filetti di spigola con carciofi in sfoglia
con patate alla curcuma al forno. Gli mostrò anche il piano di lavoro e gli
diede subito un compito, fare la crema di avocado. Lui lo eseguì in modo
esemplare e senza fare domande, se non quelle giuste su cosa mettere e quanto.
Lei nel frattempo si dedicò alla fonduta. La giornata scivolò liscia come l’olio
d’oliva su un piatto di porcellana. Si muovevano in simbiosi in quei pochi
metri quadrati, come se fossero da sempre abituati a stare l’una accanto
all’altro, senza tensioni, senza scontri, addirittura divertendosi. Lei era
quasi incredula che non si fosse arrabbiata neanche un secondo, lui le dava
serenità e ad un tratto si voltò, lo guardò e gli disse: “Siamo praticamente
perfetti… lavorativamente parlando, non ti mettere cose in testa”. Gli si
avvicinò e lo baciò a lungo sulle labbra.
Si svegliò di soprassalto. La luce
dell’abat-jour sul comodino si accendeva e si spegneva ad intermittenza. La lampadina
aveva deciso di suicidarsi. Altro che stella cadente. Gli uccellini
cominciavano a cinguettare. Fra poco sarà giorno. Un altro. Per fortuna.
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