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martedì 17 maggio 2022

Nuova sessione: Ricette di casa mia. Carciofi apparecchiati della nonna Nella

Chiedo scusa per la lunga assenza, ma capita che io venga travolta da “lagnusia” (“pigrizia” per i non palermitani) per iperattività. Sembra un ossimoro ma in verità si sposa pienamente con la mia vita. Immersa in attività varie e variegate lascio da parte le cose che mi interessano personalmente, e nel tempo libero invece di scrivere mi lascio prendere da, appunto, “lagnusia compulsiva”.

Ritorno con la promessa dell’inaugurazione di una nuova sessione del blog, Ricette di Casa Mia, dedicato a preparazioni facili e veloci per la cucina di tutti i giorni. Sono tutte ricette tramandatemi da nonne, zie e zii, mamme, amiche e amici. Piatti che si possono annoverare nella tradizione della mia famiglia e che si perpetuano grazie al lascito gastronomico di queste meravigliose persone.

Spero tanto vi piacerà!

La prima ricetta della nuova sessione mi è stata tramandata da una splendida donna, la madre di mia madre, la Nonna Nella.

Alta, corpo affusolato, gambe bellissime e una mente aperta ed evoluta. Grande cuoca che ha trasmesso prima alle sue figlie e poi a tutte le nipoti il piacere di stare in cucina. I suoi non erano piatti erano dichiarazioni d’Amore tradotte in cibo; nutrimento per il corpo e per l’anima.

Ve la propongo perché ancora, anche se a fine stagione, sui colorati banchi dei nostri mercati i carciofi si trovano e sono ancora molto buoni.

Ed eccovi la ricetta: semplice, veloce e saporitissima.

I Carciofi Apparecchiati della Nonna Nella

Ingredienti per 4 persone:

4 carciofi spinosi o mammole;2 litri d’acqua; ¼ di bicchiere di aceto di vino bianco; 250 gr. di muddica (pangrattato); 3 spicchi d’aglio; 4 filetti di acciughe sott’olio; olio EVO; 1 cucchiaio di zucchero, 1 cucchiaio di sale, pepe e prezzemolo q.b.

giovedì 22 dicembre 2016

A Capodanno non può mancare il pesce. Branzino con carciofi in sfoglia e salsa al caramello


Come ogni anno, le festività natalizie mi sussurrano il passato, suscitando in me un misto di nostalgiche emozioni, dolci e amare insieme. Per me sono il profumo della mia famiglia, un tempo grande e numerosa. Una famiglia matriarcale, con tante donne grandi cuoche e con gli uomini sofisticati gourmet. Già un mese prima si cominciava a dibattere sui menù da preparare, mai uguali da un anno all'altro e sempre con qualche novità da sperimentare, di solito portata dallo zio Roy. Ma c’erano alcuni must che non potevano mancare: i ravioli di carne fatti in casa con il ragù ai funghi della zia Cetti; le verdure in pastella di mia madre; il cappone ripieno dello zio Michele e la pignoccata della nonna Etta. Ma, soprattutto, non doveva mancare il pesce.
Nel tempo anche noi figli abbiamo preso parte al carosello delle preparazioni e così, qualche Capodanno fa, con estremo pudore – non avevo ancora molta esperienza ma, come adesso, grande passione - mi proposi per cucinare il pesce in un modo nuovo. L’idea suscitò curiosità e furono tutti felici che me ne volessi occupare io. Io ne fui onorata e mi buttai con fibrillazione nella preparazione. Il mio piatto ebbe grande successo in quel cenone e l’ho rifatto diverse volte sempre con il medesimo esito. Per questo voglio condividere con voi la ricetta del: Branzino con carciofi in sfoglia.

martedì 16 agosto 2016

Anelli Mitologici


Il lago è scuro stamattina, riflette il grigio del cielo. Un vento gelido increspa le acque di solito immobili dello specchio d’acqua. C’è aria di tempesta. Gli alberi intorno agitano le fronde, se li guardi da sotto sembrano tanti danzatori impegnati nella coreografia ripetitiva di un’antica danza asiatica. Se li guardi da sotto per un po’ di tempo potresti rimanerne ipnotizzato.

sabato 14 maggio 2016

La "Frittella" palermitana


Per prima cosa è giusto specificare che, nonostante il suo nome, in questa preparazione della tradizione palermitana non c’è niente di fritto. L’origine del nome si perde nel passato, possibilmente il termine che usiamo oggi è una storpiatura di quello vero. Fatto sta che, a Palermo “frittella” è sineddoche di uno squisito stufato di verdure.

Per tradizione si cucina il giorno di San Giuseppe (19 marzo) che coincide con l’inizio della primavera, fondendo così la celebrazione dei riti religiosi ai riti pagani.

La frittella la possiamo definire come la sintesi della Primavera nel piatto. È la celebrazione dei frutti che la terra ci offre in questo periodo: fave, piselli, carciofi e cipollotti freschi, legati insieme da una soluzione agrodolce di aceto e zucchero, retaggio della cucina araba. Esiste anche una variante ennese che prevede l’aggiunta del finocchietto selvatico.

Senza l’agrodolce può diventare anche un ottimo condimento per la pasta, aggiungendo qualche fogliolina di menta o di prezzemolo.

Anche per questo piatto vale la regola secondo cui “ne esistono tante versioni quante sono le famiglie che la preparano”. Ecco la mia.

venerdì 6 febbraio 2015

E pranzo a Mezzojuso fu!


“Domenica potrei venire con te? Ti posso aiutare?”. Si stupì di quella domanda inattesa ma che le diede un attimo di felicità e rispose in modo istintivo e con un po’ di imbarazzo “Si, certo che puoi”. Ma se ne pentì subito dopo, non perché non lo volesse con lei o non le facesse piacere avere compagnia, anzi il contrario, ma temeva lei stessa. Sapeva come si trasforma in cucina mentre lavora, se qualcosa non fosse andata per il verso giusto avrebbe potuto avere reazioni aggressive che sarebbero potute essere male interpretate. Si frequentavano da due giorni, forse tre, lui non la conosceva e non le sarebbe piaciuto mostrargli il suo “dark side of the moon” si sarebbe potuto fare un’idea sbagliata o fuorviata. Ma non voleva rinunciare a passare del tempo con quell'uomo che le era “piombato” nella vita quasi accidentalmente.

lunedì 1 dicembre 2014

Assaggi di Futurismo


...Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia...
(Il Manifesto della cucina futurista, F. T. Marinetti, 1931)

Marinetti e Fillìa lo scrissero sull’onda della “rivoluzione culturale” dei primi del Novecento. Nel Manifesto, riprendendo il pensiero filosofico di altri passati esponenti del pensiero occidentale, viene affermato il ruolo centrale della cucina nella vita delle persone, tanto da venire equiparata alle arti più “nobili”, come la letteratura e le arti figurative.
Il Manifesto, oltre all’eliminazione della pasta asciutta, predica l'abolizione della forchetta e del coltello per avere un piacere tattile prelabiale; la soppressione dei condimenti tradizionali, del peso e del volume degli alimenti e delle discussioni troppo impegnate e sulla politica a tavola; auspica la creazione di «bocconi simultanei e cangianti», invita i chimici ad inventare nuovi sapori e incoraggia l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi.
Le loro idee sono state ampiamente riprese nella Nouvelle Cousine Italiana e portate avanti negli anni da chef avanguardisti.
“Assaggi di futurismo” mi è stata ispirata dalle “visioni” di questi grandi letterati ed artisti del passato ed ho proposto la mia folle idea agli Holy Cadillac, che essendo più pazzi di me, l’hanno gradita ed accettata.

Senza avere la presunzione di equipararci a loro, abbiamo sperimentato l’ensamble cucina e musica provando a creare sinestesie sensoriali utili a nutrire il corpo ed alimentare l’anima.

martedì 18 novembre 2014

Il Goulash


La scorsa estate il mio amico americano Matt è stato a Budapest e, conoscendo la mia “mania” per la cucina, ha avuto il grazioso pensiero di portarmi in regalo dal paese magiaro una bella busta di paprika originale. Il rosso e piccante blend di spezie ha praticamente fatto il giro del mondo: dall’Ungheria agli USA, dove mi è stata consegnata, fino a giungere nella cucina di casa mia. E adesso che la temperatura si è abbassata l’ho finalmente potuta utilizzare per realizzare il famoso ed eccellente spezzatino dell’Est Europa, anche in onore della nostra comune amica Kata.


lunedì 13 ottobre 2014

Guazzetto di mare con peperoni e mandorle


Una sera di agosto squillò il telefono. Accaldata, mi alzai e con passo indolente mi diressi verso l’insopportabile trillo. “Pronto”. “Hey, stasera vengo a cena da te”. La sua voce calda e piena di energia mi risvegliò dal torpore. “Bene, ma devi accontentarti di quello che c’è”. Non avevo grande voglia di cucinare - anche gli chef a volte preferiscono leggere invece di spadellare - e rimasi in poltrona con il libro in mano nella mia terrazza attorniata da Ira e Luna (le mie Setter Inglesi) e dal profumo del gelsomino e delle rose. Ad un tratto però prevalse la voglia di stupire il mio ospite inatteso e pensai alla passeggiata mattutina per il mercato del Capo (uno dei mercati storici palermitani) che mi aveva visto riempire le sporte di peperoni, calamari, cozze e gamberetti. Mi ripresi dalla noia della canicola bevendo un bicchiere di acqua fresca con lo zammù (l’anice che in Sicilia si usa, come in molti paesi dell’area mediterranea, per aromatizzare l’acqua e anche alcuni dolci) e mi alzai lentamente dirigendomi in cucina.
Quella che segue è la ricetta che mi venne ispirata da quella cena non organizzata e che, devo dire, ebbe comunque una piacevole riuscita.

Ingredienti (per 4 persone)
500 gr. di peperoni; 200 gr. di gamberetti; 300 gr. di calamari; 400 gr. di cozze col guscio; 1 grossa cipolla bianca; 2 spicchi d’aglio; 300 gr. di pomodori; sale e pepe; 50 gr. di mandorle tritate grossolanamente; olio EVO; muddica atturrata (facoltativa), ½ bicchiere di vino bianco (grillo); qualche foglia di basilico e prezzemolo freschi.

Procedimento:
Fare scoppiare le cozze, dopo averle pulite, in una pentola coperta. Pulire i calamari e ridurre le sacche ad anelli e i tentacoli in pezzi. Sgusciare i gamberetti. Nettare i peperoni, eliminandone i semi e le nervature interne (risultano indigeste) Sbucciare la cipolla e l’aglio. Tritare la prima e tagliare in due per il lungo gli spicchi d’aglio e metterli con l’olio d’oliva in una casseruola con i bordi un po’ alti. Fare rosolare ben bene a fiamma media e, quando ben appassiti, aggiungere i peperoni nettati e ridotti a listarelle e, dopo qualche minuto, i pomodori spellati e ridotti a cubetti. Lasciare cuocere per circa 5 minuti, aggiungere il pesce e le mandorle, far rosolare e sfumare con il vino. Fatto ciò, salare e pepare a piacimento e far continuare a cuocere per altri 20 minuti avendo l’accortezza di allungare con un po’ d’acqua se il sugo si dovesse restringere troppo. Trascorso questo tempo, togliere dal fuoco e unirvi, mescolando ben bene, la muddica atturrata. Trasferire il guazzetto in un piatto di servizio e cospargere con il prezzemolo e il basilico freschi tritati.


Suggerimento: se non si aggiunge il pangrattato alla fine, il guazzetto può essere servito con dei crostoni di pane tostati con olio d’oliva oppure usato come condimento per un buon piatto di tagliatelle.

venerdì 6 giugno 2014

Pesce al cartoccio

Pesce al cartoccio
Si mormora che il pesce sia uno dei cibi più difficili da cucinare... Tutti fissarìi (Tutte fandonie, in siculo).
Il pesce va, a mio modesto parere, cucinato in modo "sobrio" perchè sono convinta che gli alimenti che hanno già insita una sapidità decisa debbano essere rispettati nella loro natura e gusto (sottolineo che, peraltro, io preferisco i gusti semplici, anche se preparo anche dei piatti molto elaborati e di sapore forte come tradizione sicula vuole).
Tornando al pesce, lo dobbiamo trattare sempre molto rapidamente e senza aggiungere troppi elementi di disturbo e, soprattutto, dobbiamo saperlo scegliere fresco e di giusta provenienza.
La ricetta che vi propongo è semplice e veloce, per la quale non vi darò neanche le quantità degli ingredienti. Lascio scegliere voi, in base al vostro personalissimo gusto.
Una volta procurato il pesce (in questo caso è un pagello, il palermitano paolotto) evisceratelo e squamatelo, se il pescivendolo non l'avesse già fatto, e sciacquatelo rapidamente sotto l'acqua di cannolo (rubinetto). Esiste anche una corrente di pensiero secondo la quale il pesce non va lavato, ma si un vi siddìa jo 'na sciacquattiedda c'ha rugnu (se non vi dispiace, io una sciacquatina gliela do).

Preparate dei fogli di carta stagnola di misura tale che possano avvolgere bene il pesce. Ponete un pesce su ogni foglio di carta e conditelo con sale, mezza fettina di limone per parte e mezza nella pancia, e olio extravergine d'oliva (potete aggiungere poco origano, qualche fettina d'aglio, qualche foglia di prezzemolo o qualche stelo di erba cipollina e/o ciò che più vi piace).

Chiudete “a pacchetto” avvicinando i lembi del foglio d'alluminio e ponete in forno caldo a 180/200 gradi C per circa mezz'ora se il pesce è di media dimensione, aumentando o diminuendo il tempo in base alla sua grossezza (per capire se è veramente cotto, controllate aprendo un cartoccio, aprendolo con cautela perchè rischiate diabbruciarvi” (bruciarvi) le mani con il vapore, e guardategli gli occhi, se sono diventati bianchi lattiginosi (per la prova del nove - staccare con delicatezza la polpa dalla lisca all'altezza della testa, se si separa facilmente è pronto). Servire nello stesso cartoccio nel quale si sarà formato un buon sughetto profumato di mare.
A favorire e prosita
Suggerimenti: Io ci abbinerei un buon Grillo freddo...poi fate vobis

P.S.: Una variante sempre facile ma più raffinata è la preparazione alla Bercy...ma sti cosi francisi (queste cose francesi) le rimando ad una prossima volta.

sabato 31 maggio 2014

Melanzane a cotoletta


Quando preparo le melanzane[1] non posso fare a meno di pensare al mio caro amico Claudio di Milano. Lui potrebbe sembrare lo stereotipo del milanese: fighetto, fabrichetta, pago – pretendo. Ma la sua origine “terrona”, nonostante il marcato accento meneghino, viene tradita da una serie di elementi inconfutabili: la sua sagace ironia molto spesso virante al macabro; la sua celata sensibilità e, soprattutto, la sua passione per le melanzane che mangerebbe pure “sbattute al muro”.
E così oggi mi è tornato in mente fortemente mentre preparavo i “mulinciani[2] a cotoletta”, una ricetta della tradizione siciliana ma con chiari riferimenti a Milano.
Praticamente un piatto “fusion-regionale”, che unisce il nord e il sud con la sua panatura dorata e croccante.

domenica 27 aprile 2014

Aggrassatu (Carne alla Glassa)


L’Aggrassu - in italiano AgglassatoCarne alla glassa - è un ricco stracotto di manzo e si può forse considerare come il principe dei secondi piatti a base di carne della cucina palermitana.
Nei tempi, non molto remoti peraltro, in cui non era proprio scontato che si facessero tre pasti al giorno, l’Aggrassu era una ricetta della tradizione domenicale delle famiglie per due motivi: il primo, la carne rappresentava un lusso e dunque si poteva comprare solo per santificare il pranzo della domenica e non di tutte; il secondo, perché con la glassa, la salsa che si ottiene da questa cottura, “si ci campava ‘na simana, nel senso che veniva usata per tante altre preparazioni: per condire la pasta, per fare le uova arriminate (strapazzate), per la zuppa di pane duro, per apparecchiare le patate, fritte o bollite che fossero.
La carne alla glassa è un classico anche della tradizione gastronomica napoletana, perché questo piatto è retaggio dei cuochi di quello che fu il Regno delle Due Sicilie, tra il 1816 e il 1861, e di cui Palermo fu la prima Capitale.
I Monzù (o Monsù) – traduzione dialettale siciliana e napoletana della parola Monsieur - erano i capocuochi delle case nobiliari siciliane e campane. Questi chef, che in genere non erano d’oltralpe, ebbero la capacità di creare una nuova cucina siciliana, ricercata e raffinatissima, inserendo elementi francesi nei piatti della tradizione.
Anche il termine aggrassatu, in italiano agglassato, non deriva, come farebbe pensare la parola, da “grasso” ma molto più verosimilmente dalla locuzione francese “à la glace”, cioè guarnito con salsa lucida.
Inutile ripetere che anche per questa ricetta esistono tante varianti per quante sono le famiglie siciliane in tutto il mondo, ognuna con la sua peculiarità e con i suoi “segreti”. Quella che segue “è chidda ra me pignata”.

martedì 18 marzo 2014

Filetto di maiale al sesamo


Leggero, proteico, saporito e pronto in pochi minuti il filetto di maiale è uno di quei tocchi di carne che comunque lo cucini sarà un successo.

Morbido e gustoso, basta accompagnarlo con un’insalata per avere un secondo piatto da gourmet.

Ingredienti: 1 filetto di maiale intero; 150 g. di semi di sesamo crudi; 2 cucchiai d’olio d’oliva o una 20 g. di burro; sale e pepe q.b.

Procedimento: Eliminare l’eventuale grasso dal filetto e passarlo al naturale nei semi di sesamo. Riscaldare una padella che possa andare anche in forno e  in cui entra per intero. Rosolare la carne a fiamma vivace da tutte le parti per circa 10 minuti totali. Togliere dal fuoco ed infornare a 180° C per 15/20 minuti.



Servire tagliato a tournedos di 3 cm di spessore, salare e pepare con moderazione e servire con una fresca insalata o con il contorno che più si preferisce.


Buona cena!

lunedì 17 marzo 2014

Asparagi al vapore con omelette strapazzata alla curcuma


In odor di Primavera e di voglia di rientrare in dei bellissimi jeans che non mi vanno più, ho pensato una ricetta sana, veloce e molto saporita.
La nota speziata e il colore della curcuma arricchiranno questo piatto con un insolito tratto esotico. Come al solito, la mia raccomandazione è quella di usare ingredienti freschi e di cui possibilmente possiamo accertarne la provenienza.

Detto questo, passo subito a scrivervi la ricetta.

martedì 29 ottobre 2013

PORCO ASCETICO (MAIALE AL TE' VERDE E ZENZERO)

Non avevo molti dubbi sulla possibilità di successo di questa pietanza viste le sue caratteristiche intrinseche e le sue celate potenzialità. Le materie prime con cui è cucinato peraltro deliziano il palato e attivano sinestesie sensoriali.

È un piatto gustoso, alternativo e semplice da realizzare. È anche un piatto afrodisiaco, visti gli ingredienti con cui si prepara: l’esotico tè verde, con le sue proprietà defaticanti, vasodilatatorie e stimolanti; lo speziato zenzero, considerato l’afrodisiaco vegetale per eccellenza grazie al gingerolo, che ha un’azione riscaldante, e allo zingiberene, un olio essenziale che stimola una maggiore circolazione di sangue verso gli organi sessuali; il miele, che con la sua dolcezza e la sua consistenza fluida evoca scene di seduzione, ma è anche una grande fonte di boro, un oligoelemento che aiuta ad aumentare i livelli di estrogeni e di testosterone nel sangue; e infine lui, il protagonista principale, il maiale, accezione con cui si indica non solo uno degli animali da cortile più allevati per la sua carne gustosa ma che riporta anche all'immagine - positiva, in questo caso - di uomini e donne lascive e dissolute  e con grandi potenzialità erotiche.
Ecco dunque la ricetta che ho servito sabato 26 ottobre al Settimo Cielo di Menfi.

sabato 12 ottobre 2013

AGRODOLCE MARINO NEL BICCHIERE

"E' tempu ri capuna", mi disse un vecchio pescatore un giorno di qualche anno fa mentre passeggiavo, avvolta in un soprabito nero e nei miei pensieri, sulla banchina del porto di Terrasini. Non lo avevo neanche notato, piccolo e rugoso, come accartocciato su sè stesso stava seduto su una bitta a riparare una rete. "E' tempu ri capuna", mi ripetè, e io allora fermai me stessa e i miei pensieri e mi rivolsi a lui: "Birinica vossia. Ma chi mi voli riri cu sta parola?". "Ca u tempu sta canciannu, figghia mia. Talìa 'u cielu, 'u viri ca sta cuminciannu a farisi scuru, 'u celeste addiventa blu e li negghie si fannu fitti fitti. Pensaci figghia, si pò canciari u cielu, ca è dà ri quannu c'è lu munnu, picchì un putemu canciari nuatri?". "Raciuni avi vossia, raciuni". Ci guardammo negli occhi in silenzio, i suoi erano profondi e grandi ricamati tutt'intorno da rughe sincere. Mi accommiatai con un cenno del capo e lui rispose abbassando la coppola grigia con la tozza mano abbronzata. Ritornai sui miei passi e ai miei pensieri, ma con un senso di leggerezza che prima non avevo. Quella frase improvvisa mi aveva ridato il buon umore. " E' tempu ri capuna", cominciai a ripetermi, come un mantra, come una preghiera.
Agrodolce marino nel bicchiere

martedì 7 maggio 2013

AGGRASSATU (CARNE ALLA GLASSA)

L’Aggrassu, in italiano Carne alla glassa, è un brasato ed è forse il principe dei piatti di carne della cucina palermitana. Era una ricetta della tradizione domenicale delle famiglie perché la glassa veniva usata per altre preparazioni durante la settimana, ad esempio per condire la pasta. Si ritrova anche nella tradizione gastronomica napoletana, retaggio dei cuochi di quello che fu il Regno delle Due Sicilie esistito tra il 1816 e il 1861 e di cui Palermo fu la prima Capitale. I Monzù (o Monsù) – traduzione dialettale siciliana e napoletana della parola Monsieur-  erano i capocuochi delle case nobiliari siciliane e campane, che in genere francesi non erano, ma che ebbero la capacità di creare una cucina nuova e raffinatissima inserendo elementi francesi nei piatti della tradizione.