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martedì 12 settembre 2017

Paccheri con bottarga e melanzane


Sul finire dell'estate, la luce del sole diventa nostalgica. Si posa sulle cose e sulle persone con stanchezza. Quando i suoi raggi ti raggiungono, in contrasto con l'aria fresca, ancora scaldano. Si prova una sensazione strana, di malinconia, come quando sai che stai per perdere qualcosa e non ci puoi fare niente. Allo stesso tempo, però, sai anche che presto ne troverai di nuove che non ti faranno più sentire quella mancanza.
Fatta questa premessa sul mio stato meteoropatico, se anche voi vi sentite così, ho da suggerirvi un piccolo rimedio: distraetevi con cose per voi piacevoli e attorniatevi di colori che vi fanno stare bene.
Io lo faccio anche in cucina e oggi, a tal proposito, vi voglio proporre la ricetta di un primo facile, colorato ma, al contempo, raffinato: i Paccheri con la bottarga e le melanzane.

sabato 15 luglio 2017

Cernia al forno con passolina e pinoli


Raccontare la Sicilia è difficile come lo è questa grande isola. Una lunga storia, una terra ricca, tante tradizioni.

Un aiuto per la comprensione della sua straordinarietà ci viene dalla gastronomia. Ogni piatto siciliano è di fatto uno story-telling più eloquente di mille parole. In ognuno di essi troviamo la Trinacria e la sua storia con le numerose dominazioni, il suo territorio con i suoi monumenti, il suo folklore con i suoi colori.

La ricetta che vi presento oggi ne è, per me, esempio perfetto. La faccia dai tratti ancestrali della cernia, infatti, ricorda la maschera fenicia di Mozia o gli elmi dei punici; la sua preferenza per le grotte il Ciclope di Catania e le sirene di Ulisse; la passolina o uva di Corinto la dominazione Ellenica e le sue tragedie; i colori degli ingredienti ricordano i tessuti arabi e le storie fantastiche di sultani e principesse.

Questo secondo dunque, così come l’ho pensato, racconta per immagini e sinestesie la mia terra opulenta, meravigliosa e tragica.

Mi auguro allora che apprezzerete la mia ricetta della Cernia al forno con passolina e pinoli.

giovedì 22 dicembre 2016

A Capodanno non può mancare il pesce. Branzino con carciofi in sfoglia e salsa al caramello


Come ogni anno, le festività natalizie mi sussurrano il passato, suscitando in me un misto di nostalgiche emozioni, dolci e amare insieme. Per me sono il profumo della mia famiglia, un tempo grande e numerosa. Una famiglia matriarcale, con tante donne grandi cuoche e con gli uomini sofisticati gourmet. Già un mese prima si cominciava a dibattere sui menù da preparare, mai uguali da un anno all'altro e sempre con qualche novità da sperimentare, di solito portata dallo zio Roy. Ma c’erano alcuni must che non potevano mancare: i ravioli di carne fatti in casa con il ragù ai funghi della zia Cetti; le verdure in pastella di mia madre; il cappone ripieno dello zio Michele e la pignoccata della nonna Etta. Ma, soprattutto, non doveva mancare il pesce.
Nel tempo anche noi figli abbiamo preso parte al carosello delle preparazioni e così, qualche Capodanno fa, con estremo pudore – non avevo ancora molta esperienza ma, come adesso, grande passione - mi proposi per cucinare il pesce in un modo nuovo. L’idea suscitò curiosità e furono tutti felici che me ne volessi occupare io. Io ne fui onorata e mi buttai con fibrillazione nella preparazione. Il mio piatto ebbe grande successo in quel cenone e l’ho rifatto diverse volte sempre con il medesimo esito. Per questo voglio condividere con voi la ricetta del: Branzino con carciofi in sfoglia.

martedì 16 agosto 2016

Anelli Mitologici


Il lago è scuro stamattina, riflette il grigio del cielo. Un vento gelido increspa le acque di solito immobili dello specchio d’acqua. C’è aria di tempesta. Gli alberi intorno agitano le fronde, se li guardi da sotto sembrano tanti danzatori impegnati nella coreografia ripetitiva di un’antica danza asiatica. Se li guardi da sotto per un po’ di tempo potresti rimanerne ipnotizzato.

venerdì 6 febbraio 2015

E pranzo a Mezzojuso fu!


“Domenica potrei venire con te? Ti posso aiutare?”. Si stupì di quella domanda inattesa ma che le diede un attimo di felicità e rispose in modo istintivo e con un po’ di imbarazzo “Si, certo che puoi”. Ma se ne pentì subito dopo, non perché non lo volesse con lei o non le facesse piacere avere compagnia, anzi il contrario, ma temeva lei stessa. Sapeva come si trasforma in cucina mentre lavora, se qualcosa non fosse andata per il verso giusto avrebbe potuto avere reazioni aggressive che sarebbero potute essere male interpretate. Si frequentavano da due giorni, forse tre, lui non la conosceva e non le sarebbe piaciuto mostrargli il suo “dark side of the moon” si sarebbe potuto fare un’idea sbagliata o fuorviata. Ma non voleva rinunciare a passare del tempo con quell'uomo che le era “piombato” nella vita quasi accidentalmente.

lunedì 1 dicembre 2014

Assaggi di Futurismo


...Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia...
(Il Manifesto della cucina futurista, F. T. Marinetti, 1931)

Marinetti e Fillìa lo scrissero sull’onda della “rivoluzione culturale” dei primi del Novecento. Nel Manifesto, riprendendo il pensiero filosofico di altri passati esponenti del pensiero occidentale, viene affermato il ruolo centrale della cucina nella vita delle persone, tanto da venire equiparata alle arti più “nobili”, come la letteratura e le arti figurative.
Il Manifesto, oltre all’eliminazione della pasta asciutta, predica l'abolizione della forchetta e del coltello per avere un piacere tattile prelabiale; la soppressione dei condimenti tradizionali, del peso e del volume degli alimenti e delle discussioni troppo impegnate e sulla politica a tavola; auspica la creazione di «bocconi simultanei e cangianti», invita i chimici ad inventare nuovi sapori e incoraggia l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi.
Le loro idee sono state ampiamente riprese nella Nouvelle Cousine Italiana e portate avanti negli anni da chef avanguardisti.
“Assaggi di futurismo” mi è stata ispirata dalle “visioni” di questi grandi letterati ed artisti del passato ed ho proposto la mia folle idea agli Holy Cadillac, che essendo più pazzi di me, l’hanno gradita ed accettata.

Senza avere la presunzione di equipararci a loro, abbiamo sperimentato l’ensamble cucina e musica provando a creare sinestesie sensoriali utili a nutrire il corpo ed alimentare l’anima.

lunedì 13 ottobre 2014

Guazzetto di mare con peperoni e mandorle


Una sera di agosto squillò il telefono. Accaldata, mi alzai e con passo indolente mi diressi verso l’insopportabile trillo. “Pronto”. “Hey, stasera vengo a cena da te”. La sua voce calda e piena di energia mi risvegliò dal torpore. “Bene, ma devi accontentarti di quello che c’è”. Non avevo grande voglia di cucinare - anche gli chef a volte preferiscono leggere invece di spadellare - e rimasi in poltrona con il libro in mano nella mia terrazza attorniata da Ira e Luna (le mie Setter Inglesi) e dal profumo del gelsomino e delle rose. Ad un tratto però prevalse la voglia di stupire il mio ospite inatteso e pensai alla passeggiata mattutina per il mercato del Capo (uno dei mercati storici palermitani) che mi aveva visto riempire le sporte di peperoni, calamari, cozze e gamberetti. Mi ripresi dalla noia della canicola bevendo un bicchiere di acqua fresca con lo zammù (l’anice che in Sicilia si usa, come in molti paesi dell’area mediterranea, per aromatizzare l’acqua e anche alcuni dolci) e mi alzai lentamente dirigendomi in cucina.
Quella che segue è la ricetta che mi venne ispirata da quella cena non organizzata e che, devo dire, ebbe comunque una piacevole riuscita.

Ingredienti (per 4 persone)
500 gr. di peperoni; 200 gr. di gamberetti; 300 gr. di calamari; 400 gr. di cozze col guscio; 1 grossa cipolla bianca; 2 spicchi d’aglio; 300 gr. di pomodori; sale e pepe; 50 gr. di mandorle tritate grossolanamente; olio EVO; muddica atturrata (facoltativa), ½ bicchiere di vino bianco (grillo); qualche foglia di basilico e prezzemolo freschi.

Procedimento:
Fare scoppiare le cozze, dopo averle pulite, in una pentola coperta. Pulire i calamari e ridurre le sacche ad anelli e i tentacoli in pezzi. Sgusciare i gamberetti. Nettare i peperoni, eliminandone i semi e le nervature interne (risultano indigeste) Sbucciare la cipolla e l’aglio. Tritare la prima e tagliare in due per il lungo gli spicchi d’aglio e metterli con l’olio d’oliva in una casseruola con i bordi un po’ alti. Fare rosolare ben bene a fiamma media e, quando ben appassiti, aggiungere i peperoni nettati e ridotti a listarelle e, dopo qualche minuto, i pomodori spellati e ridotti a cubetti. Lasciare cuocere per circa 5 minuti, aggiungere il pesce e le mandorle, far rosolare e sfumare con il vino. Fatto ciò, salare e pepare a piacimento e far continuare a cuocere per altri 20 minuti avendo l’accortezza di allungare con un po’ d’acqua se il sugo si dovesse restringere troppo. Trascorso questo tempo, togliere dal fuoco e unirvi, mescolando ben bene, la muddica atturrata. Trasferire il guazzetto in un piatto di servizio e cospargere con il prezzemolo e il basilico freschi tritati.


Suggerimento: se non si aggiunge il pangrattato alla fine, il guazzetto può essere servito con dei crostoni di pane tostati con olio d’oliva oppure usato come condimento per un buon piatto di tagliatelle.

venerdì 6 giugno 2014

Pesce al cartoccio

Pesce al cartoccio
Si mormora che il pesce sia uno dei cibi più difficili da cucinare... Tutti fissarìi (Tutte fandonie, in siculo).
Il pesce va, a mio modesto parere, cucinato in modo "sobrio" perchè sono convinta che gli alimenti che hanno già insita una sapidità decisa debbano essere rispettati nella loro natura e gusto (sottolineo che, peraltro, io preferisco i gusti semplici, anche se preparo anche dei piatti molto elaborati e di sapore forte come tradizione sicula vuole).
Tornando al pesce, lo dobbiamo trattare sempre molto rapidamente e senza aggiungere troppi elementi di disturbo e, soprattutto, dobbiamo saperlo scegliere fresco e di giusta provenienza.
La ricetta che vi propongo è semplice e veloce, per la quale non vi darò neanche le quantità degli ingredienti. Lascio scegliere voi, in base al vostro personalissimo gusto.
Una volta procurato il pesce (in questo caso è un pagello, il palermitano paolotto) evisceratelo e squamatelo, se il pescivendolo non l'avesse già fatto, e sciacquatelo rapidamente sotto l'acqua di cannolo (rubinetto). Esiste anche una corrente di pensiero secondo la quale il pesce non va lavato, ma si un vi siddìa jo 'na sciacquattiedda c'ha rugnu (se non vi dispiace, io una sciacquatina gliela do).

Preparate dei fogli di carta stagnola di misura tale che possano avvolgere bene il pesce. Ponete un pesce su ogni foglio di carta e conditelo con sale, mezza fettina di limone per parte e mezza nella pancia, e olio extravergine d'oliva (potete aggiungere poco origano, qualche fettina d'aglio, qualche foglia di prezzemolo o qualche stelo di erba cipollina e/o ciò che più vi piace).

Chiudete “a pacchetto” avvicinando i lembi del foglio d'alluminio e ponete in forno caldo a 180/200 gradi C per circa mezz'ora se il pesce è di media dimensione, aumentando o diminuendo il tempo in base alla sua grossezza (per capire se è veramente cotto, controllate aprendo un cartoccio, aprendolo con cautela perchè rischiate diabbruciarvi” (bruciarvi) le mani con il vapore, e guardategli gli occhi, se sono diventati bianchi lattiginosi (per la prova del nove - staccare con delicatezza la polpa dalla lisca all'altezza della testa, se si separa facilmente è pronto). Servire nello stesso cartoccio nel quale si sarà formato un buon sughetto profumato di mare.
A favorire e prosita
Suggerimenti: Io ci abbinerei un buon Grillo freddo...poi fate vobis

P.S.: Una variante sempre facile ma più raffinata è la preparazione alla Bercy...ma sti cosi francisi (queste cose francesi) le rimando ad una prossima volta.

martedì 1 aprile 2014

Tagliatelle fresche al Nero di Seppia


“Non ce l’hai il fidanzato?”
“No”, rispose
“Come mai?”, disse lui
“Gli uomini mi hanno terribilmente annoiato”.
Lui allora si chinò, le diede un bacio sulle labbra e disse: “Posso essere io il tuo Valentino?”
Lo guardò con aria stupita e rispose: “No, non puoi esserlo. Sei troppo giovane”.
In quello stesso momento però sentì un preoccupante scricchiolio nel muro dentro cui aveva barricato le sue emozioni, mesi e mesi di lavoro di costruzione che si stava frantumando in pochi secondi. Non voleva, spiaccicò sulla crepa della malta anti-passione, e se ne andò.
La malta però non ebbe una buona presa, per fortuna.
Nei dieci giorni trascorsi intensamente insieme, quel ragazzino venuto da lontano le fece scoprire ciò che lei voleva dall'Amore, la sua idea di Amore, non era illusione o sogno romantico ma esisteva nella realtà. Sicuramente lui non era l’uomo della sua vita, le variabili età e distanza non giocavano a favore, ma quello che accadde le riaprì una breccia da cui vedere di nuovo la vita colorata a tinte forti.
La consapevolezza che il presente è già passato le fece godere ogni attimo di quella storia. Non si separarono quasi mai e, sapendo che presto invece questo sarebbe avvenuto, lei cercò di accontentarlo in tutto. E una sera gli insegnò anche a fare la pasta col nero di seppia.

mercoledì 29 gennaio 2014

Filetti di orata con pistacchio di Bronte

Ho elaborato questo delicato piatto di pesce in occasione di una cena intima, per la quale mi era stato richiesto un menù semplice ma raffinato. È una ricetta molto facile da realizzare. La sua bontà sta infatti tutta nella qualità degli ingredienti.
Il pesce peraltro, secondo me, non deve essere preparato in modo troppo elaborato perché si rischia di perdere il suo buon sapore di mare, e non deve neanche essere eccessivamente cotto per evitare di perdere la succosità della carne e le sue proprietà nutritive.
La ricetta.