A chi, come me, è nato e cresciuto a Palermo, sarà capitato almeno una volta nella vita di ritrovarsi di giorno tra i vicoli del centro storico. I panni stesi con le lenzuola che sventolano come grandi bandiere, i bambini che ancora giocano per strada, i gatti randagi che gironzolano sornioni alla ricerca di qualcosa da mangiare, gli odori dolci e pungenti che dalle cucine si riversano nelle strette strade tortuose e si diffondono prepotenti nell'aria, le donne che vocìano da finestra a finestra mentre spicciano i lavori di casa e, soprattutto, cucinano per il pranzo. “Pina, ma comu a fai a pasta st’innata? C’è un ciavuru!”. “Nie’, oggi fazzu cose spiccie. Staju facennu a Milanisa”.
Lo so cosa vi state chiedendo: una palermitana che
fa la pasta alla milanese? Ebbene si!
Dopo attimi di disorientamento che colpirono anche me la prima volta che lo
sentii - non riuscivo a spiegarmi perché una palermitana avesse dovuto
preparare la pasta come a Milano - mia nonna Nella mi spiegò che era la pasta con l'anciova[1],
uno dei primi più famosi della cucina siciliana. Un piatto gustoso, fatto con le
acciughe salate, l’estratto di pomodoro, passolina e pinoli[2]
e la muddica atturrata (pangrattato
tostato), il formaggio dei poveri.
Come per ogni ricetta, anche questa conosce diverse
varianti più o meno simili e il suo nome è strettamente legato, come tutti i
piatti tradizionali, alla storia, al territorio e alla sua gente.
Si narra, infatti, che questo piatto sia nato come
alternativa, molto valida, alla ben più famosa pasta con le sarde, la cui
preparazione era però limitata alla primavera e all'estate, stagioni durante le
quali sono reperibili gli ingredienti freschi per realizzarla.
Un altro importante fattore era costituito dal
costo molto elevato di uno degli ingredienti fondamentali del famoso primo, lo
zafferano, che non tutti si potevano permettere. Venne così sostituito dall'astrattu (estratto di pomodoro) che
conferiva alla nuova elaborazione un colore vagamente ambrato.
Ma torniamo all'origine del nome di questa non meno
buona cugina della pasta con le sarde, fatta solo con prodotti di “conserva”,
che hanno il duplice vantaggio di essere disponibili tutto l’anno e,
soprattutto, sono non deperibili e facilmente trasportabili.
Queste caratteristiche hanno fatto ipotizzare ad
alcuni studiosi delle tradizioni che la “pasta c’anciova” sia stata inventata
dagli emigranti siciliani, i quali durante l’estate, nella propria terra
d’origine, facevano incetta di una serie di cibarie che portavano nel freddo
Nord e che cucinavano per non scordare i profumi e i sapori della Sicilia. Ecco
il motivo per cui questo primo piatto, assolutamente siciliano ma inventato in
terra straniera, viene appellato “alla milanese”; considerando anche che per
lungo tempo in Sicilia si diceva Milano intendendo però tutto il nord Italia.
Adesso è arrivato il tempo di descrivervi la ricetta. Vi
darò naturalmente la versione della mia famiglia che prevede l’uso del
concentrato di pomodoro al posto dell’estratto e non considera l’uso del
finocchietto selvatico, fortemente odiato da mio fratello Dario.
PS: a Palermo è quasi obbligatorio anche il formato di pasta
da usare: o la margherita o il bucatino. Molti non transigono, ma io ho rotto
la tradizione ed ho usato i rigatoni. Credetemi, connubio perfetto tra il sugo
e la pasta.
Ingredienti (per 4
persone): 400 gr. di pasta del formato che più vi aggrada; 200 gr. di
concentrato di pomodoro; 8 filetti di acciughe sott’olio o salate; 1 grossa
cipolla; 2 spicchi d’aglio; 25 gr. di passolina e pinoli; 100 gr. di pangrattato;
olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b.
Procedimento: In
una padella in cui potrete poi mantecare la pasta, soffriggete a fuoco lento la
cipolla e l’aglio tritati. Quando la prima sarà trasparente, unite i filetti
d’acciuga e scioglieteli nell’olio con l’aiuto del cucchiaio di legno. A questo
punto, aggiungete il concentrato di pomodoro, passolina e pinoli e un bicchiere
di acqua calda. Fate cuocere per circa 20minuti, salando e pepando secondo il
proprio gusto. Il sugo dovrà risultare ben stretto. Cuocete la pasta e, nel
frattempo, tostate il pangrattato in un padellino antiaderente (alcuni lo fanno
saltare con altro olio, io preferisco senza aggiungere condimenti in questo
caso perché la salsa ne è già molto ricca). Scolate la pasta al dente e
trasferitela nella padella insieme ad un paio di cucchiai d’acqua di cottura.
Saltatela velocemente e servitela spolverizzando il piatto con un po’ di
mollica atturrata, che servirete anche a parte.
Buone cose “milanesi” a tutti.
[1]
L’acciuga o alice è un comunissimo pesce che popola le acque del Mediterraneo e
vanta molte denominazioni dialettali e locali: viene infatti chiamata “lice” in
Puglia, “sardon” dal Veneto alle Marche, “anciuia” in Liguria e “anciova” in
Sicilia. Le alici vengono generalmente pescate tra il mese di marzo e quello di
agosto, ovvero nel loro momento riproduttivo maggiore, durante il quale si
avvicinano alle coste. Sono pesci poco ricercati ma molto gustosi e ricchi di
nutrimenti importanti per il nostro organismo. Si prestano ad essere
“conservate” sotto sale, sott’olio o marinate. La salagione delle acciughe
deriva da un’arte antica di origine etrusca, basata su un procedimento in cui
il sale viene alternato ad ogni strato di acciughe, in modo che i pesci alla
fine risultino poco visibili
[2]
La “passolina” è un’uvetta nera passita molto presente nella cucina della
tradizione siciliana. Come suggeritomi dal mio erudito amico Giovanni Rallo,
veniva aggiunta alle preparazioni per non fare avvertire l’uso di ingredienti
non proprio freschissimi. Col tempo il suo uso è diventato una gustosa
consuetudine che apporta una dolce ricchezza ai piatti.
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