Dedicato alla donna che, insieme a mia madre, considero
la più importante della mia vita: mia zia Cetti.
“Zia…”, chiamò a voce alta entrando nell'ingresso
dell'enorme casa. “Ehi, Mollichina” – così la chiamavano dal giorno in cui Geen, un'amica di famiglia inglese, la chiamò Molly - rispose da lontano la voce
della zia. Era il loro rito, ogni volta che la bimba arrivava. Il loro modo per
riconoscersi e sancire il loro rapporto in modo esclusivo.
Poi la corsa nel lungo corridoio che portava alla
cucina, che non era solo un'enorme stanza arredata e corredata di tutto quello
che può servire per cucinare. Era il cuore pulsante della casa. Era il luogo
del potere e dell’amore, era il posto dove si prendevano le decisioni
importanti e il rifugio per le nidiate di figli delle tre sorelle. Una grande
famiglia matriarcale, con donne dal fisico giunonico e col temperamento da
amazzoni. Donne dure, abituate a lottare, non avvezze alle smancerie ma capaci
di amare profondamente. E il loro amore, come la maggior parte delle donne del
sud Italia, lo dimostravano attraverso il cibo, preparando specialità e
manicaretti sempre diversi, apparecchiando quotidianamente conviti festosi e
opulenti.
“Che fai zia?”, chiese Mollichina avvicinando la
sedia da scalare per raggiungere gli altipiani
di granito della penisola della cucina. “Sto preparando il pic pac per la pasta”. “Mmmmm,
buona!”, esclamò la bimba che nel frattempo aveva tuffato il naso nel grande bouquet
di basilico. “Eh si!”, disse la zia che proseguì dicendo “Ma tu lo sai perché si
chiama così questo sugo? Perché è talmente delizioso che quando lo mangi non
puoi fare a meno di schioccare la lingua contro il palato facendo un suono che
richiama il suo nome”. Mollichina la guardò divertita e cominciò a riprodurre
quel movimento e quel suono, già pregustando il sapore e il profumo di quel
prelibato e semplice intingolo.
Solo chi non è palermitano non sa cosa sia il pic
pac. È il sugo per eccellenza, base di tante preparazioni ma,
soprattutto, squisito condimento per la pasta asciutta. Ne esistono diverse
versioni: solo con l’aglio -necessario per la pasta chi tinnirumi e per
quella con i vurrani (le borraggini); solo con la cipolla – che può diventare
un’apparecchiatura agrodolce per pesci e carni - o con entrambi. Questa salsa
viene aromatizzata e condita secondo il proprio gusto e la propria tradizione
familiare.
Nella mia famiglia, Il pic pac per condire la
pasta si fa tradizionalmente sia con l’aglio che con la cipolla; il primo,
infatti, enfatizza il sapore del pomodoro, mentre la seconda lo addolcisce e lo
rende più digeribile. Viene poi profumato con abbondanti foglie di basilico
fresco e reso piccante da una buona spolverata di pepe nero macinato.
Io “ci calo” la margherita, della quale adoro soprattutto
il nome perché era quello di mia nonna… poi, fate vobis
Ingredienti:(per 4 persone): 500 gr.
di margherita (pasta); 2 kg. di pomodoro maturo; 3 spicchi d’aglio; 1 cipolla
grossa; un mazzetto di basilico; olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b.
Procedimento: Lavare, spellare e
ridurre a cubetti i pomodori. Mettere la cipolla e l’aglio tritati in una
casseruola e soffriggerli a fuoco lento con l’olio d’oliva. Quando ben
appassiti, alzare la fiamma e aggiungere il pomodoro. Lasciar cuocere vivacemente
per alcuni minuti, condire con il sale, il pepe e le foglie di basilico lavate
e spezzate, abbassare dunque la fiamma e continuare la cottura per circa venti
minuti. Nel frattempo cuocere la pasta al dente. Scolarla ben bene e condirla
con una parte del pic pac. Impiattare, definire con un altro po’ di salsa e decorare
con foglie di basilico.
Buone cose profumate e non dimenticate di far
schioccare la lingua contro il palato!
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