Se è vero che “siamo ciò che mangiamo” - parafrasando Feuerbach - significa che il cibo influenza non solo il nostro corpo ma anche la nostra
coscienza e il nostro modo di pensare. Proprio per questo dovremmo porre
maggiore attenzione a cosa ingurgitiamo. Una pietanza per essere gustosa non
deve necessariamente essere elaborata, ma deve essere fatta con ingredienti di
prima qualità. E questo implica utilizzare prodotti a km zero – come si usa
dire oggi – e realizzati senza l’aiuto della chimica. Scegliere delle buone
materie prime, dunque, significa non solo essere più attenti a noi stessi ma
anche rispettare il territorio di provenienza e il lavoro di chi le produce.
Questo tipo di scelta innesca anche dei cicli virtuosi per l’ambiente e chi lo
abita.
Ultimamente ho scoperto un’ottima farina di grano tenero
prodotta dall'azienda agricola Di Traglia con grano coltivato a Bracciano, a
pochi chilometri da dove abito per buona parte dell’anno. È della varietà
Antille, molito a pietra, ricco di germe di grano e dunque di sostanze
nutritive. Non è trattato con il glifosato (un erbicida, valutato dallo IARC
come probabile cancerogeno, che oggi va di moda per fare maturare il grano più
in fretta) ed ha un sapore genuino ed
antico. Sapete che in genere non dico le marche dei prodotti che uso, ma credo
sia giusto celebrare l’eccellenza che proviene dal sudore e dal sacrificio di
uomini, come Andrea e Marco, che ancora credono e puntano sul valore della
qualità.
Ho usato la loro farina per realizzare diversi piatti: la
sfoglia per i ravioli del plin, un pan brioche salato, un ciambellone allo
yogurt e gli gnocchi di patate con erba cipollina. Ed è proprio di questi
ultimi la ricetta che oggi vi propongo.