...è di Emilio Angelini, un appassionato di letteratura e scrittura. Vi consiglio di leggere il racconto e di seguire il suo blog Angeli e Milioni
Buona lettura
Tratto da “Onore e gloria ad Ambiorige Castellazzi”
Dopo una notte di sonno senza
sogni né aggettivi, Walter Nottefonda si svegliò e trovò un gatto nel letto.
Era un micione di pelo bianco e lungo e aveva due magnifici occhi celesti. – E
tu, da dove spunti? – chiese Walter. Il gattone non mostrò particolare
meraviglia per quella domanda e rispose con uno sbadiglio. Non era, però, uno
dei tanti sbadigli che i tantissimi gatti della terra regalano a uomini più
distratti di loro. E un occhio acuto vi avrebbe anche visto le tracce di un
muto rimprovero. “Eppure dovresti ben sapere come mai sono qui.” sembrava dire.
Ma Walter non era in uno dei suoi giorni migliori e si voltò dall’altra parte.
Cercava, forse, un’ultima briciola di sonno o, magari, voleva riacciuffare per
la coda qualche sogno rimasto a metà. Quando finalmente decise di alzarsi trovò
il gatto in cucina. Sacro e vagamente egiziano, se ne stava in posa davanti al
frigorifero e continuava ad avere un’aria di rimprovero. “Ma come?” sembrava
dire “sono le dieci passate e non mi fai fare ancora colazione?” Walter si
sentì un padrone inadempiente e cercò di provvedere. Trovò qualcosa che
assomigliava ad una scodella, vi versò del latte e decise di arricchirlo con
qualche biscotto sbriciolato. Quel grosso gatto mangiò con gusto e mostrò tutta
la sua approvazione. Poi prese a strofinarsi contro la gamba di Walter perché
voleva le coccole. – Per ora sto preparando il caffè – rispose l’uomo – poi mi
metterò su quella poltroncina e ti accarezzerò sotto il mento. Visto che sembri
sapere tante cose di me e questa casa, ti chiedo di rispettare le mie
abitudini. Era una gentilezza autentica ma c’erano anche altre motivazioni:
aveva capito che, quello, non era un gatto da sottovalutare… Lo avrebbe
assecondato solo per non destare sospetti ma, poi, avrebbe cercato di capire in
tutti i modi da dove fosse spuntato l’insolito animale. Verso mezzogiorno il
gatto aveva trovato l’angolo migliore della casa e stava schiacciando un
pisolino. Il momento era propizio e le indagini potevano iniziare.
Dopo aver ispezionato ogni angolo
e constatato che tutte le imposte erano chiuse, Walter capì quanto la notte
fosse fonda e come era sul punto di dannarsi l’anima. Il gattone, per di più,
dormiva della grossa e se ne stava nel serafico spaparanzo di chi si sente
proprio a casa propria. Ormai irretito dalle sue paranoie, Walter bussò alla
porta del piano di sopra: – Vi è per caso scappato un gatto, signore? – chiese
senza troppa convinzione. E quello: – ha, per caso, il pelo bianco e lungo e
gli occhi celesti? – Sì, sì. – rispose il brav’uomo. – Allora proprio non mi
interessa. Io vorrei un gatto grigio e con gli occhi anonimi. Si tenga pure il
suo prezioso animale da salotto oppure vada a rifilarlo a qualche altro. Quelli
sono animali aridi e prepotenti e non li voglio in mezzo alle palle. E
scommetto che le è anche costato un occhio della testa. Se il signor Nottefonda
non urlò fu solo per eccesso di educazione ma ormai era certo di essere
piombato in un incubo senza respiro e, per di più, poteva anche affermare che
il vicino di casa era uno stronzo. Girò la chiave nella toppa, entrò in casa e
si accasciò su una poltrona. Gli sembrò di sentire uno strano silenzio. Andò in
cucina e il gatto non c’era, si spostò nel tinello e il gatto non c’era, guardò
in ogni stanza e il gatto non c’era. “Forse non mi sono ancora svegliato” disse
a se stesso “forse mi merito un altro caffè.” Come estrema risorsa dello
spirito decise che lui, Walter Nottefonda, era un gran signore e che doveva
trattarsi con ogni riguardo. Indossò, allora, la vestaglia migliore, versò il
caffè in una tazzina di porcellana finissima e si accese la sigaretta con
l’accendino d’oro. Poi si sedette in salotto e cominciò ad osservare il fumo
azzurrognolo che saliva verso il soffitto. Appostato sopra la piantana,
mitologico e inarrivabile, c’era lui: vero dominatore degli spazi e abitante
dei piani alti della Coscienza. La sigaretta gli rimase tra le dita, si consumò
lentamente e solo quando la carne si bruciò il signor Nottefonda si lasciò
andare ad un lamento preistorico. Walter trascinò stancamente la sua giornata
fino a sera e si accorse di non aver appetito. Gli avevano insegnato, però, che
non è cosa giusta andare a letto digiuni e cominciò a prepararsi una zuppetta
di farro e lenticchie. Si sentì squadrato da occhi di ghiaccio. Il diavolo
bianco mostrava tutta la sua disapprovazione ma, soprattutto, rivendicava i
suoi diritti di autentico felino. Walter capì l’antifona e lo rassicurò. –
Tranquillo, signor gatto – disse – ora tiro fuori della carne tritata dal
freezer e la faccio scongelare. Poi te la cucino con cipolla e fegatini di
pollo. Il micione sorrise soddisfatto e si mise comodo. Fu quando mangiò
qualche distratta cucchiaiata della sua zuppetta che Walter cominciò a vedere
l’abisso in cui stava precipitando. Si alzava dal tavolo in continuazione,
controllava che il tritato cuocesse a puntino e gli sembrava di non fare mai
abbastanza. Ma fu quando lo vide mangiare di gusto che toccò il fondo e
cominciò a meditare vendetta.
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