In tante regioni italiane del centro-sud, la pignoccata è per tradizione il dolce del Carnevale. Assume nomi differenti ed ha tante varianti. Anche in Sicilia, a seconda delle province, vi sono differenti tipi di preparazione. Quella più semplice ricorda gli struffoli napoletani, tocchetti di pasta fritta ricoperti di miele e confettini colorati; a Messina, invece, si caratterizza per essere ricoperta da una glassa bianca e una nera e per il fatto che i tocchetti vengano cotti in forno.
Il suo nome deriva dal fatto di essere realizzato a forma di pigna e,
tradizionalmente, servito adagiato su foglie di limone.
Nella mia famiglia, e da qualche anno anche in quella di qualche amico
che ho corrotto, la pignoccata è il dolce natalizio per eccellenza e non può
mancare sulle tavole delle feste. Anche se ”stanche morte”, le ”femmine”
della nostra famiglia (compresa me) "almeno un poco la devono fare".
La nostra ricetta si distingue decisamente dalle altre varianti ed ha in
sé tutti gli odori e i sapori del Natale. C’è stata tramandata dalla Nonna
Etta, madre di mio zio Michele e fino a poco tempo fa si annoverava tra quelli
che si possono definire “segreti di famiglia”. La sua peculiarità consiste nel
metodo di assemblaggio; le palline di pasta fritte vengono infatti
"legate" o "incocciate" - come meglio gradite - con un
caramello al miele morbido e profumato con (variante personale) vaniglia,
cannella e scorza d’arancia(facoltativa) insieme a mandorle e nocciole.
Qualcuno è arrivato a dire che la mia pignoccata "crea dipendenza". Ed ecco come si prepara lo "stupefacente" dolce.