In Sicilia ogni occasione è buona per fare festa ed organizzare “schiticchi” (letteralmente, abbuffate) e
in ogni schiticchio che si rispetti non
possono mancare i dolci.
La tradizione dolciaria in Sicilia è antica quanto la storia dell’isola
ed è, come tutta la gastronomia siciliana, un melting pot di ingredienti,
tecniche e preparazioni lasciateci in eredità dalle tante dominazioni.
Il periodo pasquale è forse uno dei migliori dell’anno per tutti i
golosi. Ogni provincia, città e famiglia conserva la propria tradizione, le
proprie ricette e durante questa festività si assiste sulle nostre tavole ad un
vero e proprio trionfo dei glucidi. Lungo l’elenco: pupi cu’ l’uovu[1],
cassate, cassatedde, quaresimali, cudduri, dita degli apostoli, cannoli e
ancora tanti altri.
Tra tutti però spicca, per la sua forma zoomorfa e la sua bontà superlativa, l’Agnello pasquale di pasta di mandorle.
Tra tutti però spicca, per la sua forma zoomorfa e la sua bontà superlativa, l’Agnello pasquale di pasta di mandorle.
Già in epoca etrusco-romana venivano preparati dei dolcetti di mandorle
da offrire alle divinità, ma la ricetta del marzapane come la conosciamo noi,
fatta con farina di mandorle dolci, albume d’uovo e zucchero, risale al
XIII-XIV secolo.
Il nome deriva dall’arabo Mauthaban o Marzaban, unità di capacità in
uso a Cipro ed in Armenia. Come per l'anfora, per la giara o per la botte, divenne
consuetudine chiamare con lo stesso nome il contenitore tarato sulla misura. Era
una scatola di legno leggero dotata di un coperchio e veniva utilizzata per usi
diversi. Per racchiudere la corrispondenza o i documenti importanti (da questo
il modo di dire "aprire i marzapani" nel senso si svelare segreti),
ma anche per spedire speciali dolci prodotti a Cipro, confezionati con farina,
pasta di mandorle ed altri ingredienti. Questi erano a forma di pani e dato che
prendevano la forma della scatola, il nome dell'involucro passò al contenuto.
Nella storia della gastronomia, la più antica e famosa preparazione fatta
con il marzapane è la Frutta di Martorana, che vide la luce ufficialmente a
Palermo, nel convento omonimo[2]
annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio[3].
Con il marzapane le suore confezionavano per la festa di Ognissanti piccoli
dolci, che imitavano meticolosamente frutti d'ogni tipo dai colori vivacissimi,
ottenuti grazie alla gomma arabica che permetteva di fissare le tinte vegetali
derivanti da rose, zafferano, pistacchio e altri vegetali. Questi prelibati
dolcetti pare fossero molto apprezzati da Ruggero II Re di Sicilia e, in quanto
degna di re, la pasta di mandorle cominciò ad essere appellata “pasta reale”.
In Sicilia, con il tempo, ogni ricorrenza religiosa si guadagnò uno speciale dolce
preparato con la pasta di mandorle e così a Pasqua, il delizioso impasto prende
la forma di agnello come simbolo del Cristo risorto. “A Picuredda” ha una posa
plastica, sdraiata su un fianco e, generalmente, viene decorata con una
coroncina, un fiocchetto rosso e con una vessillo rosso, simile a quello che
nell'iconografia sacra è in mano a San Giovanni, infilzato sul dorso.
La tradizione narra che le prime a preparare questo dolce furono, all’inizio
dell’Ottocento, le suore del Collegio di Maria del quartiere "Batia"
di Favara. La ricetta veniva tramandata oralmente, dalle suore più anziane a
quelle più giovani. Una delle prime ricette scritte dell'Agnello pasquale porta
la data del 1898 ed è appartenuta ad una ricca famiglia della borghesia agraria
e solfifera dell'Ottocento favarese.
La particolarità dell’Agnello di Favara[4]
è la sua farcitura con una pasta ottenuta dall’unione di pistacchi,
possibilmente di Bronte, tritati e zucchero che lo rende davvero incomparabile
per gusto e intensità di sapori.
Io “i picureddi[5]”
le faccio alla palermitana, senza ripieno dunque. Ho anche l’abitudine di non
dipingerle e non decorarle, ma questo fa parte del mio minimalismo
gastronomico.
Eccovi allora la mia ricetta della pasta reale o marzapane siciliano.
Voi utilizzatela come più vi aggrada.
Ingredienti: 1 kg. di farina di mandorle; 1 kg. di
zucchero semolato; 200 g. di glucosio; 250 ml di acqua; 1 bustina di vanillina;
½ cucchiaino da caffè di sale.
Procedimento: Mettere l’acqua, lo zucchero e il glucosio
in una pentola. Portare ad ebollizione e far cuocere fin quando il composto non
scende a filo dal cucchiaio.
Togliere dal fuoco e aggiungere la farina e la vaniglia. Mescolare bene
e versare il composto su un ripiano bagnato. Quando si sarà raffreddato, lavoratelo
come se stesse facendo una pasta frolla fin quando non risulterà liscio e
compatto. Potete anche fare questa operazione nella planetaria con l’accessorio
per le paste morbide.
Prima di utilizzarla, lasciate riposare la pasta di mandorle per qualche
ora, meglio sarebbe un giorno intero, avvolta nella pellicola per alimenti.
Suggerimenti: Quest’anno l’agnello
mangiatelo fatto di pasta di mandorle.
Con la stessa pasta potete anche realizzare il
latte di mandorle. Basta frullarne una noce con un po’ d’acqua ed otterrete la
squisita e rinfrescante bibita.
[1] La loro
storia e ricetta l’ho pubblicata la settimana scorsa.
[2] Il monastero
benedettino fu fatto costruire nel 1193 dalla nobildonna Eloisa Martorana e
così in suo onore, sia il complesso edilizio sia i dolci preparati dalle
monache assunsero il nome "della Martorana".
[3] Eretta nel
1143 da Giorgio d'Antiochia, alto ufficiale del re Ruggero II di Sicilia.
[4] Nel 1997
è nata la Sagra dell’Agnello Pasquale e così Favara ora è nota come la “Città dell’Agnello Pasquale”.
[5] “Le pecorelle” in lingua siciliana.
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