Era come un mantra. Quella zoccola della mamma,
che se ne era fatti tanti – e continuava, a dispetto dell’età, a mantenersi più
attiva di tante giovani pollastre – lo recitava in continuazione: dìvide et
ìmpera.
- Il potere, miei adorati virgulti, si
mantiene solamente separando. Voi, invece, siete desinati a unire ciò che Dio
ha voluto restasse diviso.
Erano costretti ad ascoltarla sempre senza
replicare, consolidando nella genitrice quel senso di superiorità che, detto
fuor di metafora, dava loro sempre più fastidio. Sapeva sempre tutto lei,
quella sgallettata che si divertiva coi maschietti della zona e lo avrebbe
fatto fino alla fine dei suoi giorni.
Anche la bella biondona dalle tette grosse,
in realtà, lo aveva ripetuto più volte, quella mattina, mentre accarezzava dolcemente
la loro glabra corteccia. Fra qualche istante si sarebbe comportata come la più
assatanata delle api regine che trae godimento dal fuco sacrificandolo
sull’altare dell’amore. A differenza della mamma, quella femmina non scomodava
la volontà divina e osservava freddamente il fenomeno sotto l’aspetto
materialistico.
- Solo tu sei capace di unire ciò che la
natura ci ha fatto trovare distante - si sentì infatti dire il primo dei due,
turbato e impotente di fronte a quelle languide effusioni, benché fosse
perfettamente a conoscenza della sua imminente sorte.
Dopo che avesse finito di far scorrere
quelle dita lunghe e carnose sulla sua ruvida ma delicata calotta cranica, si
sarebbe scatenata l’orgia. E tutto sarebbe terminato, come piaceva a quella
pervertita, in un paradiso di umori e sapori. Con chi li avrebbe fatti
accoppiare, quella mattina? Sarebbero stati dei lui o delle lei?
E poi, soprattutto, sarebbe accaduto su una
superficie morbida e accogliente, come era successo a chi li aveva preceduti? Pareva
di no. Così, almeno, sembrava potersi evincere dallo sguardo malizioso della
donna, che si illuminava come quando aveva finito altri loro amici nel vortice
di qualche diavoleria che vibrava a più non posso.
Perché era questo, alla fine, che importava
loro veramente. Dovendo morire in scena, come i più grandi attori, era
importante il modo.
E allora, cosa augurarsi di meglio se non
un letto di consistenza morbida e ospitale? Anche l’occhio vuole la sua parte,
e il candore del bianco che era toccato in sorte a quei due fusti del
precedente venerdì, non li faceva ben sperare.
La superficie, però, non era tutto. Non che
fossero schizzinosi, anzi. Loro rispettavano le opinioni e i gusti di chiunque,
ma avevano gusti ben definiti, anche se in quel momento sapevano bene che non
sarebbero stati consultati.
Quando la tettona selezionava qualcuno di
loro per i suoi bagordi era lei che sceglieva.
Insieme a loro, nell’unione sacra che
quella miscredente decideva di comporre, avrebbero potuto incontrare elementi
anche molto dotati. Dovevano farsene una ragione. C’era anche chi l’aveva molto
lungo.
- A me piace quella rossa giunonica – osò
mormorare il più timoroso.
- Sei impazzito? È agghiacciante. Direi deforme
– sentenziò l’amico.
- Sarà, io già la immagino molto succosa e
tutta mia. Anzi, al momento dell’approccio, non mi ostacolare. Ti vedo bene,
invece, con quell’atletico e muscoloso essere maestosamente turgido – aggiunse
il primo soffocando un risolino mentre la padrona di casa si avvicinava.
- Spiritoso… tanto lo sai che finiremo
insieme. Godremo con gli stessi compagni che sceglierà lei. Concentrati e
vediamo di dimostrarle che abbiamo più sale in zucca di quanto non si dica in
giro. E poi lo sai che possiamo assumere pose da macho quanto vogliamo, ma solo
se camminiamo separati. Appena ci vedono insieme ci prendono tutti per due
signorinelle – terminò il secondo.
Lei si avvicinò. Anche se la temperatura
non era eccessivamente alta indossava solamente un reggiseno trasparente e un jeans
strappato che non riusciva a coprirne gli abbondanti glutei. Anche in cucina,
infatti, le piaceva farlo così.
Li accarezzò in modo sensuale per l’ultima
volta. Le sembrò quasi di sentirli fremere ed ebbe timore di bagnarsi se non li
avesse manipolati con attenzione.
Poi, finalmente, si decise. Prima l’uno,
poi l’altro. Separò gli albumi e li montò a neve. I tuorli finirono nel bianco
letto di farina che, abbondante, non sembrava attendere altro.
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